giovedì 7 ottobre 2010

Parenti aberranti

Diciamolo francamente: chi di noi non ha pensato che il colpevole era lo zio, soprattutto nel momento in cui ha ritrovato il cellulare? Ma diciamolo altrettanto francamente: questa cosa che tutti lo avevamo pensato è una tragedia nella tragedia. Non perché uno zio è uno zio e non uno qualsiasi; ma perché una aberrazione del genere, un tizio che non si limita ad invaghirsi della lolita - anche se nipote - di turno, ma addirittura arriva ad ucciderla, fare quello che non sono neppure in grado di pensare, figuriamoci di scrivere, e nascondere poi il cadavere e far finta per giorni con tutta la parentela di essere sconvolto; una aberrazione del genere, dicevo, non dovrebbe neppure venirci in mente, a meno che non fossimo anche noi altrettanto aberrati. Invece siamo così abituati, assuefatti alla follia umana che l'aberrazione è la prima cosa a cui pensiamo. E tanto ci sembra ovvio da apparire quasi naturale.
Oggi un collega poneva una questione interessante: meglio uno zio, cioè un parente, oppure un estraneo? Meglio, quindi, sapere che la follia si nasconde spesso in famiglia o meglio temerla nel vicino di casa o nel passante occasionale? La risposta, in effetti, è al contempo ovvia e terribile: meglio in famiglia. Meglio guardarsi da un numero limitato, e per di più noto, di individui, che dal mondo intero. Ovvio. Ma la verità è che nessuno può garantirci che quello zio non avrebbe fatto la stessa cosa con un amica della figlia, o con una qualsiasi ragazzina incontrata per strada.
Alla fine, comunque la si guardi, siamo di fronte alla violenza di un uomo verso una donna, più grave forse perché lei aveva solo 15 anni e tanti sogni, ma non certo più grave perché lei era sua nipote o lui suo zio.

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