domenica 31 ottobre 2010

Alla frutta


Voglio evitare di parlare di politica, anche di quella nostrana, che tutto è meno che politica, e forse assomiglia di più alla repubblica di Salò (ovviamente nella parte delle 120 giornate di Sodoma). Quindi volevo evitare di parlare di Bunga Bunga e similari. Però, cavolo, sembra lo facciano apposta... Stamattina vedo su internet la prima pagina della Gazzetta dello Sport. Titolo a nove colonne. Bunga bunga Juve.
Ma che razza di titolo è? Ora, non mi risulta che la Gazzetta sia (almeno consapevolmente, si intende) un giornale satirico, al quale potrebbe anche addirsi un titolo del genere. Mi risulta invece che, nella sua categoria, sia un giornale serio (e, d'accordo, si potrebbe discutere a lungo su questa affermazione, ma quello che intendo dire è che loro ci si sentono seri). Quindi? Cos'è "Bunga bunga Juve"? Usare l'ultima (last but not least, temo) tragedia italiana per un titolo che probabilmente vuole alludere in senso positivo al valore sportivo di una vittoria calcistica mi suona abbastanza stonato. Che c'hai da ridere?, mi verrebbe da chiedere alla redazione o al Direttore della testata. E la tristezza mi si accresce dentro se penso alla stessa redazione e allo stesso Direttore che, sono sicuro, questo titolo lo avevano pensato due giorni fa prevedendo una vittoria del Milan. "Bunga bunga Milan" sarebbe anche suonato meglio, visto chi è il presidente patron del club rossonero.
La realtà è che il titolo è solo una idiozia priva di ogni significato. A meno che, visto che il bunga bunga è un'orgia anale, alla Gazzetta non abbiano voluto trovare un modo più fine per dire dove la Juve lo ha messo al Milan...
Il nostro è un paese alla frutta. E le bucce sono già nel piatto.

P.S. Apprendo solo adesso che anche Tuttosport ha fatto lo stesso titolo. Vabbè, quello però è davvero un giornale (con tutto il rispetto per i giornali) comico...

giovedì 21 ottobre 2010

Dramma sociale?

Ieri sono passato con l'auto dopo molto tempo da Via Baracchini. Ricordavo che c'era un negozio Interstock, quella catena che tiene, appunto, merce proveniente da stoccaggi, da procedure fallimentari, importazione diretta e chissà che altro, così da tenere prezzi bassissimi. Roba di qualità mediocre, ovviamente, ma molto molto economica. Pensavo che in questo periodo la cosa tirasse più del solito, invece... Invece che scopro? Che sulle tre vetrine (tre) hanno messo una insegna gialla con scritto sopra "Compro Oro"! Devo forse dedurre che se chiude un negozio che vende a prezzi stracciati per far posto ad un altro che compra oro, la situazione sia molto molto peggiore di quello che immaginavo. Spero che i motivi siano altri, altrimenti siamo ai confini del dramma sociale.

sabato 16 ottobre 2010

Lasciate che i pargoli... Epilogo?

Ricordate? Bene. Giorni fa porto mia figlia all'asilo e trovo in bacheca un documento della segreteria, firmato e vidimato, nel quale si annuncia ai genitori che "in data odierna sono scaduti i termini per la presentazione di modifiche alla scelta della IRC"; la data odierna della lettera è il 5 ottobre. La nostra domanda di modifica l'avevamo presentata il 10 settembre, respinta perché scaduti i termini. Mi innervosisco un po', tanto che mi dimentico di fotografare quell'avviso, evidentemente frutto di un tentativo frettoloso di mettere freno alle domande, e temo che sparirà a breve. Chiamo la segreteria, e mi ripetono un po' stizziti che mi hanno già detto che la mia domanda è stata respinta dal Dirigente Scolastico. Faccio gentilmente notare che il comunicato in bacheca parla chiaro: i termini sono scaduti il 5 ottobre, la mia domanda è del 10 settembre, e questo fa decadere i motivi della respinta. Mi dicono che i motivi di quel comunicato sono quelli di far cessare la richiesta di domande e che i termini reali sono quelli del 30 giugno; infatti, mi dicono, praticamente tutte le domande fatte dopo sono state respinte. Praticamente tutte. Al che io chiedo se il praticamente significa che almeno una è stata accolta. Dall'altro capo del telefono si farfuglia. In quel momento capisco che quel comunicato non è frutto di incapacità lessicale (perché bastava scrivere si ricorda che tutte le domande presentate dopo la scadenza del 30 giugno non saranno accolte) ma ben studiato per fare in modo che per qualcuno quel termine del 30 giugno non valesse. La cosa è ovviamente insostenibile, e così la faccio breve: o trovate una nuova motivazione per respingere la nostra domanda, o la accettate oppure finite sui giornali. Tre giorni dopo mi viene comunicato che la domanda è stata accettata. Tutto bene, dunque? Direi di no. Per vari motivi. Il primo è che non ci sono regole chiare, e come in tutte le cose quando non ci sono regole chiare, non ci sono regole. Il che farà comodo a qualcuno, ma è sinceramente intollerabile. Il secondo è più soggettivo: per dirla alla Ratzinger trovo inaccettabile l'IRC in una scuola dell'infanzia (e non solo) ed essermi piegato a questa cosa non mi fa certo sentire in pace con me stesso; solo che mia figlia è troppo piccola per capire quello che dovrebbero capire altri, e l'unico risultato per lei sarebbe stato essere separata da tutti i compagni. Così si sceglie il male minore. Almeno lo spero. Da quando mangia all'asilo non si può iniziare la cena se non siamo tutti a tavola e si dice Buon Appetito. Se tra qualche tempo ci obbligherà anche a farci il segno della croce e a cantare "Grazie Signore grazie, grazie" capiremo di aver commesso un errore imperdonabile. E ci toccherà ritirarla. Ma dalla scuola, stavolta! :)

venerdì 15 ottobre 2010

Quelli che...hanno capito tutto


La Russa. Quello che ha capito quali sono le cose veramente importanti per le quali lottare: riportare in Italia le spoglie dei Re.

Federazione Serba. Quella che ha capito che è molto peggio non prevenire che avvelenare.

Il sostituto procuratore di Bologna. Quello che ha capito che non importa se la mozzarella diventa blu, basta che non faccia male.

Mauro Masi. Quello che ha capito che quando qualcuno cancella una tua cazzata, devi farne subito un'altra.

mercoledì 13 ottobre 2010

Niente tappi alle bottiglie

E' sempre spiacevole parlare male del lavoro degli altri, specie quando il lavoro è un lavoro molto difficile, oltre che molto rischioso e di alto valore sociale, come quello del poliziotto. Però mi suona un po' male che si cerchi di esaltare le forze dell'ordine (intese sia ben chiaro non come singoli poliziotti ma come istituzione) all'interno di quanto è accaduto ieri sera a Genova, quando è stato di fatto consentito a quegli sciagurati individui non solo di arrivare allo stadio ed entrarci, ma anche di entrarci con un vero arsenale da guerra. Se vado allo stadio io, e l'ultima volta ero tribuna non in curva, mi perquisiscono, mi cercano se ho accendini o i tappi alle bottigliette di plastica. Non voglio parlare male di quei poveretti che stanno a fare servizio all'ingresso, ma qualcosa di sicuro non torna se ieri sera sono entrate allo stadio cose un po' peggiori di un accendino o di una bottiglietta chiusa. C'è stato, come minimo, un clamoroso errore di sottovalutazione, oltre che certa incapacità di gestione. E se le partite della nazionale erano rimaste ormai tra le poche ad attirare pubblico eterogeneo e famiglie, da oggi anche qui si è chiuso. Peggio della tessera del tifoso, che, sicuramente, quelli serbi non avevano...

domenica 10 ottobre 2010

Povero (e carissimo) Pinocchio

Una storia come quella di Pinocchio è un materiale infinito per farci un parco a tema. Ammetto, quindi, di esserci rimasto un po' deluso oggi dalla visita al Parco di Collodi. Deluso per la limitatezza della realizzazione: sebbene l'idea del percorso tra la vegetazione sia adeguata, manca del tutto l'approfondimento. La storia si dà per scontato che tutti la sappiano (a parte una rinfrescata che viene data due volte al giorno in uno spettacoletto anche divertente ma che mira più al cabaret - con coinvolgimento del pubblico - che non a stupire ed emozionare i bambini (e non è vero che i bambini non si emozionano più di niente, quelli siamo noi adulti), e poi si scopre che anche gli adulti intervistati non conoscono l'incipit (vergognoso), ma neppure sanno cosa sia un abecedario. Mi chiedo però come a nessuno sia saltato in mente che la storia di Pinocchio poteva essere un ottimo spunto per approfondire temi quali l'antico mestiere del falegname (ricreando la bottega di Geppetto) o il senso della giustizia (andrebbero educati da piccoli) o l'importanza della cultura (a meno che la Gelmini non faccia parte del consiglio di amministrazione del parco). E sono rimasto deluso anche da uno stato di semidegrado del museo, e, soprattutto, da una costante sensazione che il Gatto e la Volpe abbiano fatto scuola, e si faccia di tutto per spillarti soldi. 11 euro il biglietto di ingresso, 8 per bambini sopra i tre anni: 30 euro in tre. E ti aspetti che tutto sia compreso, dentro. Invece: un euro per ogni giro sulle giostre, senza possibilità di abbonamento; due sole attrazioni comprese nel biglietto del bambino, mentre se per caso un adulto deve accompagnarlo, magari perché ha solo tre anni, paga un'euro; nel laboratorio compreso nel pezzo hai un naso di carta da dipingere, mentre se vuoi un cappello da colorare paghi un euro per il piccolo e 1,50 per il grande. Se poi lo vuoi già colorato (credo dalla signora che sta alla cassa) quello grande - un pezzo di cartone spillato con la spillatrice - costa 3 euro. E non parlo del cibo, anche perché almeno quello - sapendolo - te lo puoi portare da casa.
Se uno di voi è mai stato negli Stati Uniti sa di cosa parlo. Sa della capacità di creare attrattiva dal nulla. Noi, che abbiamo tutto, a parte qualche lodevole caso isolato, sappiamo solo lasciare che il tutto marcisca in sé stesso.

venerdì 8 ottobre 2010

Spartizioni vincenti?

Ho letto questo interessante post, linkato da un mio amico di facebook. Non posso vantare credenziali analoghe a quelle dell'autore, ma se molte delle sue affermazioni le condivido, su altre invece nutro qualche dubbio, non perché non possano essere vere, quanto per la spiegazione che talvolta viene fornita. Vediamo.



"Cosi', una trentina di telco di dimensione nazionale nel mondo continueranno a spingere su Android, e considereranno Apple un male necessario. Di tutte le migliorie al servizio , al trasporto, allo sviluppo di applicativi, si terra' conto delle specifiche di comunicazione dei cellulari android, e se apple ha dei problemi, li fissera' a sue spese. Non divide la torta, ergo non si divide nulla con Apple."


Non ho dubbi che una telco, se vuole, può spingere in qualche modo il mercato verso una piattaforma piuttosto che un'altra. Ma davvero vuole? O, meglio, davvero lo vuole a scapito dei suoi interessi? Che sono, certo, anche legati alle opportunità che una piattaforma offre, ma non solo a quelli. E se Apple non consente determinate "personalizzazioni" alle Telco, quest'ultime sono in ogni caso vincolate a vendere abbonamenti, per cui se davvero nessuno domani offrisse "opportunità" ai possessori di iPhone, l'offrirle diventerebbe già di per sé un segno distintivo tale da sovrastare in termini di marketing qualsiasi altro interesse. E qualcuno inizierebbe pertanto ad offrirle. Questo ovviamente sempre ammesso che Apple continui a sfornare oggetti tali da mantenere l'attuale appeal sul pubblico. Insomma, a mio avviso a parole si dicono tante cose, ma alla fine è la telco che segue il mercato e non viceversa. Tanto è vero che la affermazione successiva per la quale gli effetti di tale politica delle telco si noterebbe già nel "sorpasso" di Android su iOS è a mio avviso quantomeno azzardata; a meno che il mercato italiano non sia una eccezione nel panorama mondiale, non mi pare si faccia molto per adesso per contrastare iOS, non fosse altro che per il semplice motivo che tutti i media offrono servizi per iOS e molto pochi offrono gli stessi per Android. Alle telco piacerà tanto Android, ma credo siano contente se uno si carica tutti i giorni Repubblica o il Corriere o tutte le settimane l'Espresso, cosa che gli utenti fanno solo con iOS, per ora. E se Android sorpassa iOS i motivi sono da ricercarsi casomai altrove (prezzi inferiori, per esempio, tanto che voglio vedere quanti Galaxy Tab vende Samsung se mantiene questi prezzi; e se ne vende qualcuno è perché non a caso si è gettata su una fascia dimensionale dell'oggetto ancora priva di concorrenza, non certo perché c'è Android o perché c'è Telecom)


E ancora.
"Questo produce sull' iPhone lo stesso effetto che avvenne all'epoca coi computer: dopo un dilagare iniziale dovuto all'interfaccia grafica piu' usabile, iniziano a volere tutti i soldi per se'. E questo permette a chi propone piattaforme piu' aperte ed incomplete di attirare investimenti , dal momento che si stima che vi sia spazio per fare soldi."


L'affermazione è vera. Ma è vera solo dopo che la piattaforma più aperta ed incompleta ha un suo mercato di significativa rilevanza. E come lo ottiene questo mercato, oggi? Perché è valida e completa, e tanto più è valida e completa quanto più è chiusa. Insomma se negli anni 80, agli albori dell'informatica di consumo, c'era sicuramente spazio per oggetti incompleti e pertanto il ragionamento fila, oggi non fila più perché oggi la gente è abituata alla qualità e non comprerebbe mai una piattaforma incompleta seppure aperta, ma preferisce di gran lunga una piattaforma chiusa purché essa sia completa, usabile e abbia applicazioni aggiuntive in gran quantità e dal prezzo accessibile. Lo dimostra del resto il fiasco totale - almeno attuale - di Windows Mobile, probabilmente la piattaforma per cellulari più aperta e incompleta esistente al momento. A qualcuno di voi interessa davvero a chi vanno a finire i soldi che spende? O, meglio, qualcuno di voi indirizza le scelte di acquisto in base al destinatario dei propri soldi, o piuttosto in base al tentativo di spendere per un oggetto completo e utilizzabile, indipendentemente da chi sia a vendervelo? 


E infine.
"Google ringrazia Nokia: immagino a fine anno faranno una donazione al fondo per i manager finlandesi diventati clochard."


Inizierei col dire che eventualmente i primi a ringraziare Nokia dovremmo essere noi e non Google. Ed in ogni caso il primo ad offrire le mappe gratuite è stato Google e non Nokia, e Nokia non ha fatto altro che cercare di reggere il mercato aggiungendo all'offerta la navigazione . Su iPhone ci sono da tempo mappe gratuite, e ci sarebbero state anche su Android. Che doveva fare Nokia? Pensare a salvare TomTom? Oppure offrire il plus della navigazione per recuperare clienti? E, ancora una volta, a chi interessano davvero le telco in questo contesto? Nokia, e Apple ma anche Samsung o HTC, devono vendere telefoni, non far fare abbonamenti alle telco.


Condivido invece in pieno tutto il discorso sulla banda larga, soprattutto quello sul digital divide. E mi rimane il rammarico di non aver potuto assaggiare il catering.

giovedì 7 ottobre 2010

Parenti aberranti

Diciamolo francamente: chi di noi non ha pensato che il colpevole era lo zio, soprattutto nel momento in cui ha ritrovato il cellulare? Ma diciamolo altrettanto francamente: questa cosa che tutti lo avevamo pensato è una tragedia nella tragedia. Non perché uno zio è uno zio e non uno qualsiasi; ma perché una aberrazione del genere, un tizio che non si limita ad invaghirsi della lolita - anche se nipote - di turno, ma addirittura arriva ad ucciderla, fare quello che non sono neppure in grado di pensare, figuriamoci di scrivere, e nascondere poi il cadavere e far finta per giorni con tutta la parentela di essere sconvolto; una aberrazione del genere, dicevo, non dovrebbe neppure venirci in mente, a meno che non fossimo anche noi altrettanto aberrati. Invece siamo così abituati, assuefatti alla follia umana che l'aberrazione è la prima cosa a cui pensiamo. E tanto ci sembra ovvio da apparire quasi naturale.
Oggi un collega poneva una questione interessante: meglio uno zio, cioè un parente, oppure un estraneo? Meglio, quindi, sapere che la follia si nasconde spesso in famiglia o meglio temerla nel vicino di casa o nel passante occasionale? La risposta, in effetti, è al contempo ovvia e terribile: meglio in famiglia. Meglio guardarsi da un numero limitato, e per di più noto, di individui, che dal mondo intero. Ovvio. Ma la verità è che nessuno può garantirci che quello zio non avrebbe fatto la stessa cosa con un amica della figlia, o con una qualsiasi ragazzina incontrata per strada.
Alla fine, comunque la si guardi, siamo di fronte alla violenza di un uomo verso una donna, più grave forse perché lei aveva solo 15 anni e tanti sogni, ma non certo più grave perché lei era sua nipote o lui suo zio.

mercoledì 6 ottobre 2010

Rialzi di testa

Un breve seguito al post di ieri.
Non certamente per un caso, dopo la assegnazione ad Edwards del nobel, non solo si riapre la discussione sulle "fedi contrapposte" ma anche si riscopre la non costituzionalità della legge 40.
Non posso dire che la cosa non mi faccia piacere, anzi.
Ma mi dispiace dover sempre assistere a questi rialzi di testa. Non so infatti se sia per una perdita di memoria, per un abbassamento di interesse o semplicemente per la rassegnazione che in questi anni si è impossessata di noi italiani, ma il rialzo di testa significa senza tema di smentita che prima la si era abbassata. E ad abbassare la testa, in perfetto insegnamento clericale, siamo diventati tutti un po' troppo bravi, accettando cose imposte da individui ed organizzazioni ai limiti (e a volte anche oltre) della delinquenza, certamente esterni a qualsiasi forma di cultura sociale e non.
Vediamo se stavolta riusciamo ad andare fino in fondo, sconfiggendo il medioevo in cui qualcuno ha tutto l'interesse a tenerci.
Se volete approfondire, date una occhiata qui.

martedì 5 ottobre 2010

Inaccettabile Vaticano

Il Vaticano non perde occasione per rendere evidente a tutti, qualora ce ne fosse ancora bisogno, di quanto sia antistorica, antisociale e ci sarebbe da dire anticristiana la sua esistenza. Anche la esternazione sul Nobel ad Edwards si colloca nello stile tipico. Non ci si accontenta di dichiarare che non si è d'accordo, ma si attacca come al solito frontalmente, dicendo che la scelta, peraltro libera, è inaccettabile. Ed è meglio sorvolare sulla motivazione. Se questo, in un paese normalmente civile e culturalmente nella media, porterebbe principalmente a rendere ridicolo chi lo dice, nel nostro paese, che civile lo è un po' meno, l'opinione vaticana viene fatta propria, avallata e utilizzata non solo dal potere temporale (che poi non disdegna in privato di venire meno a nove comandamenti su dieci) ma da tanti, troppi cattolici non abbastanza maturi da ragionare e prenderne le distanze. Solo sei anni fa il nostro civilissimo paese ha promulgato la (per dirla alla vaticana inaccettabile) legge 40 sulla procreazione assistita, e ha fatto fallire l'anno successivo il referendum abrogativo, seguendo le indicazioni di un nuovo Papa che poi, col tempo, si è dimostrato per quello che è (o che non è). Ieri l'incivile europa ha assegnato il premio Nobel a Robert Edwards per lo sviluppo della fertilizzazione in vitro. Se tutti intorno a te suonano una musica diversa, converrebbe, invece di continuare a stonare, fermarsi un attimo ad ascoltare e cercare di capire. Ma è chiedere troppo, probabilmente.
Eppure il mondo è pieno di cristiani illuminati, ed è veramente un peccato che a noi Italiani tocchi avere in casa questo sciame di cattolici oscurantisti e il loro capo supremo, che hanno l'unico effetto di rallentare, ancor più di quanto già non siamo capaci di fare da soli, lo sviluppo della civiltà in questo paese. Paese nel quale, ancora oggi, nel 2010, il figlio di due persone non sposate non ha legalmente dei nonni. 

lunedì 4 ottobre 2010

Pronto helpdesk, con chi twitto?

Fino ad ieri eravamo abituati a chiamare i call center trovando spesso persone incompetenti o impotenti, raramente in grado di darti consigli su un problema, figuriamoci risolverlo. Adesso possiamo contattare un esiguo gruppo di queste stesse persone attraverso i social network: facebook, twitter, friendfeed. Tu scrivi un messaggio, loro ti rispondono. Funziona? Forse.
L'utente ha un vantaggio, che è quello di dare tempo all'interlocutore di cercare da qualche parte o da qualcuno più bravo di lui la soluzione al problema. Certo lo svantaggio è che l'utente deve aspettare. Magari anche un'ora, per ricevere una risposta, o almeno un invito ad un direct messaging. Ma almeno la risposta, una decente risposta, ha una probabilità decisamente più alta di arrivare. L'operatore del call center, invece, ha il vantaggio che eventuali lamentele del cliente sono scritte e non urlate, il che spesso è per lui (o lei) preferibile. E' pur vero che l'opzione flirting con il cliente inviperito è in questo caso quasi del tutto fuori discussione: non ci sono voci suadenti che tengano o profferte di convenientissime soluzioni alternative quando usi la tastiera.
Dando una sbirciatina su twitter mi pare che per adesso il servizio di Telecom sia molto poco usato, il che certamente aiuta la sua riuscita. Se e quando ci saranno online un numero di chiamate analogo a quelle telefoniche, credo che il vantaggio di non sentire la frase resti in linea per non perdere la priorità acquisita sia inferiore a quello di scrivere un messaggio nel vuoto del ciberspazio e chiedersi se mai sia esso arrivato a destinazione o sia stato fagocitato da qualche router sulla via o più facilmente perso nel mucchio di byte sullo schermo dell'operatore. 
E l'azienda? Beh, l'azienda ci mette davvero la faccia. Come operazione trasparenza è innegabilmente efficace, ma non so quanto ritorno pubblicitario ci sia dal mettere in piazza tutti i disservizi dei clienti. Senza contare che, così come quasi tutti sono capaci di scrivere - in forma anonima soprattutto - messaggi erotici sul web mentre non tutti  hanno lo stesso coraggio nel chiamare una chat line telefonica, anche in questo caso ogni forma di inibizione del cliente, spesso spinto da lunghe attese sia prima che durante la conversazione, ad evitare di perder tempo a chiamare, viene perduta. E in assenza di possibilità di moderazione potremmo leggerne delle belle.

Nuovo slogan, elezioni vicine?

Che le elezioni siano davvero vicine? Segnali ce ne sono. E non stiamo parlando certo delle esternazioni politiche dei preposti di palazzo. Stiamo parlando dello slogan coniato per il principale interesse nazionale: Scudetto per tutti.
Ormai meno tasse e un lavoro hanno fatto il loro tempo. Del resto in questo caso la platea è nettamente più vasta e la probabilità di riuscita nell'impresa promessa più o meno la stessa.
La classifica parla chiaro: se togliamo la Lazio, abbiamo 15 squadre in 4 punti, o se preferite 18 squadre in 6 punti. Si, certo, sono solo sei giornate, ma lo scorso campionato di questi tempi tra la prima e l'ultima c'erano 13 punti, quest'anno solo 9. E negli stessi 4 punti dopo la prima c'erano 6 squadre non 15.
Ad avvalorare l'ipotesi di elezioni anticipate, poi, c'è anche il riuscitissimo risultato di limitare lo storpiamento dello slogan. Scudetto per tutti si, ma non Scudetto per Totti. Almeno per il momento. Della Fiorentina preferisco tacere.
Si, d'accordo, questa è una idiozia. Però in un paese normale di dirla non verrebbe neppure in mente. Nel nostro, guardandoci intorno in questi ultimi anni,  voi dareste senza indugi la vostra vita per  l'impossibilità di questa tesi bislacca?

sabato 2 ottobre 2010

Indigeste congestioni


Si può fare qualcosa per il traffico nelle città? Dipende dalle città, innanzitutto. A Firenze, per esempio,  la situazione è ulteriormente complicata dalla struttura della città, dotata di strade troppo strette. Altra cosa che complica notevolmente la situazione è la completa mancanza di decentralizzazione dei servizi e dei luoghi di raccolta. Per essere precisi, quando nacquero i quartieri a nord della città si iniziò a decentrare, cioè togliere dal centro, ma dal momento che da allora nessuno si è fermato, il risultato è che ormai fabbriche, aziende di grandi dimensioni, centri commerciali, aereoporto, servizi, ospedali, senza contare gli altri centri ad alta popolazione, stanno tutti a nord, creando lì un unico centro per il traffico. Pertanto è ovvio che la circolazione critica è sud-nord la mattina, e nord-sud la sera, con pochissime eccezioni. La situazione è tragica e certo non ci sono vie di scampo da queste due problematiche appena viste. Quindi non si può fare niente? Beh, qualcosa da fare ci sarebbe, a mio avviso. Sono piccole cose, e anche molto banali in fondo, ma che sono sicuro - perché purtroppo io seguo il senso dell'onda - che aiuterebbero. E costano poco, vicino allo zero. Anzi, in certi casi ci si guadagnerebbe anche. Vediamo.

  • Considerato che le ore critiche sono dalle 8 alle 9 e 30 la mattina e dalle 17 e 30 alle 20 la sera, in questi orari si potrebbe, credo, evitare di eseguire il servizio di raccolta rifiuti, potatura alberi e altre analoghe attività tipicamente notturne.
  • Esiste già una norma del codice della strada che vieta il parcheggio in doppia fila. Basterebbe che almeno nelle fasce orarie di cui sopra si eseguissero controlli e si emanassero sanzioni, sia tramite l'utilizzo delle telecamere, sia tramite autisti dei mezzi pubblici, oltre che, ovviamente da parte della polizia municipale.
  • Sempre nelle fasce orarie indicate, si potrebbe evitare la circolazione ai mezzi pesanti, quantomeno nelle strade di grande comunicazione e scorrimento. E, perché no, decidere che in quelle fasce orarie non si consegnano merci in generale, impedendo la circolazione anche ai corrieri (che poi rientrano tipicamente nella categoria dei parcheggiatori in doppia fila).
  • Una revisione delle corsie preferenziali non sarebbe dannosa. Spesso esse sono state create osservando solo la necessità del mezzo pubblico, senza valutare bene le conseguenze sul resto del traffico. Ci sono zone in cui a causa delle corsie preferenziali o di certi assurdi sensi unici, un normale automobilista (anche il due-ruotista in teoria, in pratica si sa che i due-ruotisti possono impunemente viaggiare dove vogliono) è costretto per recarsi dal punto A al punto B distante 300 metri, a compiere tre volte tanta strada. Tutti creano traffico sulle stesse direttrici, indipendentemente da dove devono andare.

Se non esistessero i due-ruotisti (della serie che mondo sarebbe senza nutella alla meno uno), che hanno costretto, con la loro totale incapacità di capire cosa sia la segnaletica orizzontale, il comune a posizionare dei cordoli di cemento per separare i sensi di marcia sui viali di circonvallazione, avremmo potuto fare come fanno a Barcellona sulla Diagonal, riservare cioè gestendo la cosa con semafori, più corsie ad un senso di marcia in base all'orario. Che poi almeno 'sti generatori di rumore diminuissero il traffico o l'inquinamento, uno potrebbe anche passarci sopra (no, non in quel senso lì...). Ma i danni in entrambi i casi sono sistematici, purtroppo. Sul rumore, invece, servirà un capitolo a parte.

Come farsi pubblicità a tue spese

Potrei anche, sforzandomi un po', essere d'accordo con la scelta di mettere a pagamento le buste della spesa. Potrebbe essere un incentivo a consumarne meno, anche se basterebbe farle tutte biodegradabili. Il costo, comunque, potrebbe tranquillamente essere assorbito sul prodotto venduto. Ma quello che veramente rasenta l'assurdo è quando ti fanno pagare le buste con sopra il logo del negozio. Cosa tipica, se non esclusiva, delle grandi catene di supermercati. Chi va in giro a fare pubblicità alla Esselunga o alla Coop dovrebbe essere pagato, non pagare. Se poi proprio si vuol far pagare la busta, va bene, ma per favore obblighiamoli a vendercela bianca o, comunque, senza loghi stampati.
Questo stesso concetto potremmo tranquillamente applicarlo a quei rotoloni di carta assorbente che, al posto degli uccellini e delle ciliegie, hanno stampata sopra la pubblicità. E che invece di regalarteli o, al limite, darti dei soldi a te se li compri, te li fanno pagare poco meno dei tradizionali.
Del resto i precursori di questa pratica abnorme sono state le aziende discografiche. Ricordate i CD col bollino "Pubblicità TV" che costavano più cari perché si dovevano recuperare i soldi spesi in promozione?

venerdì 1 ottobre 2010

Wi-Fi free or expensive 3G?

Su L'Espresso di oggi in una breve intervista Franco Bernabè, amministratore delegato di Telecom, si schiera apertamente a favore del decreto Pisanu che, rendendo di fatto quasi impossibile installare un hot-spot wifi, dal 2005 tiene l'Italia tra i paesi più arretrati nella connettività internet open air, stupefacendo ogni anno migliaia di turisti che si vedono chiedere un documento per poter accedere alla rete con il proprio dispositivo mobile. Ammetto che nella mia ingenuità pensavo che il mantenimento anno dopo anno del decreto Pisanu fosse solo una ennesima prova della incompetenza e arretratezza culturale della nostra classe politica, ma in effetti non avevo pensato a quello che ormai da anni maggiormente provoca leggi e decreti: il potere delle lobby.Le case editrici impediscono l'uscita di ebook sullo store di Apple o di altri vendor, le compagnie telefoniche vedono ovviamente di buon occhio (anche se Bernabè dice di non entrarci niente) la pesante limitazione negli accessi wi-fi, che costringono chi vuole connettività all'aperto a rivolgersi a loro, pagando a caro, carissimo prezzo un servizio ogni giorno più scarso in termini di velocità e affidabilità. Ormai siamo tutti assuefatti a queste ingerenze, e i politici hanno vita facile nelle imporcele. Il 31 dicembre ri-scade il decreto Pisanu, che dal 2005, appunto, viene regolarmente prorogato. Che succederà questa volta? L'avvento sempre più massiccio di dispositivi smartphone, tablet, netbook, servirà finalmente ad impedire questo ennesimo scempio? Di certo le compagnie telefoniche vedranno proprio in questo diffondersi di dispositivi una gallina dalle uova d'oro. Riusciranno i nostri eroi ad impedirlo? Vediamo se la mobilitazione, partita in qualche modo oggi da L'Espresso, sarà questa volta più convinta. Per quello che potrà servire.

 
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