giovedì 25 novembre 2010

Lettera aperta a Publiacqua

Buonasera. Con la presente desidero mettere in evidenza la mancanza di chiarezza, per non dire l'evidente fuorvianza, del vostro messaggio relativo al rimborso del deposito cauzionale. "Corri in banca". No, puoi anche andarci piano o non andarci per niente, visto che ad ad andarci, in banca, deve essere la ditta recapitista, utilizzata ormai a Firenze credo da una percentuale elevatissima (se non quasi totale) dei vostri "clienti". Io ho la bolletta domiciliata ma mi sono visto chiedere 74 euro. Perché? Perché forse (e notare il forse) qualcuno del mio palazzo (che non ha un  amministratore di condominio) non ha la bolletta domiciliata. E' ridicolo. Dovreste fidarvi delle ditte recapitiste e farvi dire da loro chi ha o non ha la domiciliazione e prendere solo i soldi che vi spettano e non tutti. O, almeno, state zitti e non fate questa assurda campagna falsa e populista. Una cosa a questo punto esigo: di essere personalmente informato da voi (e non dal recapitista) se la nostra bolletta condominiale è stata domiciliata. Non vorrei che le ditte recapitiste domiciliassero tutte le loro bollette mettendosi in tasca i nostri soldi del deposito: o dobbiamo suonare il campanello a tutti i condomini facendo un sondaggio su chi domicilia la bolletta e chi no?

domenica 7 novembre 2010

Quel delinquente del wifi

E così ancora uno in più nella lista di chi perde occasioni per stare zitto. Al sottoscritto e a tantissimi altri si aggiunge adesso Grasso, il procuratore antimafia, che ha dichiarato come il wi-fi libero porterà a danneggiare indagini su pedofilia, mafia e terrorismo, impedendo addirittura il reperimento di oltre 16mila reati. Ora nessuno dubita di quello che lui dice, ma Grasso si dimentica, o forse non sa, che ci sono metodi di controllo diversi, e certamente anche più efficaci, del registrarsi con un documento. Dimentica, o forse non sa, che in paesi a maggior rischio del nostro (per esempio Gran Bretagna e Stati Uniti) il wi-fi libero esiste da anni e nonostante tutto sono paesi in cui il controllo sulla rete è enormemente maggiore che da noi, e non potrebbe essere altrimenti. Dimentica, o forse non sa, che, per assurdo, potrebbe essere addirittura più facile reperire reati con il wi-fi libero. Insomma una non-analisi densa di luoghi comuni e troppo semplicistica. In linea con la totale mancanza di cultura telematica presente in coloro che guidano il nostro paese.

domenica 31 ottobre 2010

Alla frutta


Voglio evitare di parlare di politica, anche di quella nostrana, che tutto è meno che politica, e forse assomiglia di più alla repubblica di Salò (ovviamente nella parte delle 120 giornate di Sodoma). Quindi volevo evitare di parlare di Bunga Bunga e similari. Però, cavolo, sembra lo facciano apposta... Stamattina vedo su internet la prima pagina della Gazzetta dello Sport. Titolo a nove colonne. Bunga bunga Juve.
Ma che razza di titolo è? Ora, non mi risulta che la Gazzetta sia (almeno consapevolmente, si intende) un giornale satirico, al quale potrebbe anche addirsi un titolo del genere. Mi risulta invece che, nella sua categoria, sia un giornale serio (e, d'accordo, si potrebbe discutere a lungo su questa affermazione, ma quello che intendo dire è che loro ci si sentono seri). Quindi? Cos'è "Bunga bunga Juve"? Usare l'ultima (last but not least, temo) tragedia italiana per un titolo che probabilmente vuole alludere in senso positivo al valore sportivo di una vittoria calcistica mi suona abbastanza stonato. Che c'hai da ridere?, mi verrebbe da chiedere alla redazione o al Direttore della testata. E la tristezza mi si accresce dentro se penso alla stessa redazione e allo stesso Direttore che, sono sicuro, questo titolo lo avevano pensato due giorni fa prevedendo una vittoria del Milan. "Bunga bunga Milan" sarebbe anche suonato meglio, visto chi è il presidente patron del club rossonero.
La realtà è che il titolo è solo una idiozia priva di ogni significato. A meno che, visto che il bunga bunga è un'orgia anale, alla Gazzetta non abbiano voluto trovare un modo più fine per dire dove la Juve lo ha messo al Milan...
Il nostro è un paese alla frutta. E le bucce sono già nel piatto.

P.S. Apprendo solo adesso che anche Tuttosport ha fatto lo stesso titolo. Vabbè, quello però è davvero un giornale (con tutto il rispetto per i giornali) comico...

giovedì 21 ottobre 2010

Dramma sociale?

Ieri sono passato con l'auto dopo molto tempo da Via Baracchini. Ricordavo che c'era un negozio Interstock, quella catena che tiene, appunto, merce proveniente da stoccaggi, da procedure fallimentari, importazione diretta e chissà che altro, così da tenere prezzi bassissimi. Roba di qualità mediocre, ovviamente, ma molto molto economica. Pensavo che in questo periodo la cosa tirasse più del solito, invece... Invece che scopro? Che sulle tre vetrine (tre) hanno messo una insegna gialla con scritto sopra "Compro Oro"! Devo forse dedurre che se chiude un negozio che vende a prezzi stracciati per far posto ad un altro che compra oro, la situazione sia molto molto peggiore di quello che immaginavo. Spero che i motivi siano altri, altrimenti siamo ai confini del dramma sociale.

sabato 16 ottobre 2010

Lasciate che i pargoli... Epilogo?

Ricordate? Bene. Giorni fa porto mia figlia all'asilo e trovo in bacheca un documento della segreteria, firmato e vidimato, nel quale si annuncia ai genitori che "in data odierna sono scaduti i termini per la presentazione di modifiche alla scelta della IRC"; la data odierna della lettera è il 5 ottobre. La nostra domanda di modifica l'avevamo presentata il 10 settembre, respinta perché scaduti i termini. Mi innervosisco un po', tanto che mi dimentico di fotografare quell'avviso, evidentemente frutto di un tentativo frettoloso di mettere freno alle domande, e temo che sparirà a breve. Chiamo la segreteria, e mi ripetono un po' stizziti che mi hanno già detto che la mia domanda è stata respinta dal Dirigente Scolastico. Faccio gentilmente notare che il comunicato in bacheca parla chiaro: i termini sono scaduti il 5 ottobre, la mia domanda è del 10 settembre, e questo fa decadere i motivi della respinta. Mi dicono che i motivi di quel comunicato sono quelli di far cessare la richiesta di domande e che i termini reali sono quelli del 30 giugno; infatti, mi dicono, praticamente tutte le domande fatte dopo sono state respinte. Praticamente tutte. Al che io chiedo se il praticamente significa che almeno una è stata accolta. Dall'altro capo del telefono si farfuglia. In quel momento capisco che quel comunicato non è frutto di incapacità lessicale (perché bastava scrivere si ricorda che tutte le domande presentate dopo la scadenza del 30 giugno non saranno accolte) ma ben studiato per fare in modo che per qualcuno quel termine del 30 giugno non valesse. La cosa è ovviamente insostenibile, e così la faccio breve: o trovate una nuova motivazione per respingere la nostra domanda, o la accettate oppure finite sui giornali. Tre giorni dopo mi viene comunicato che la domanda è stata accettata. Tutto bene, dunque? Direi di no. Per vari motivi. Il primo è che non ci sono regole chiare, e come in tutte le cose quando non ci sono regole chiare, non ci sono regole. Il che farà comodo a qualcuno, ma è sinceramente intollerabile. Il secondo è più soggettivo: per dirla alla Ratzinger trovo inaccettabile l'IRC in una scuola dell'infanzia (e non solo) ed essermi piegato a questa cosa non mi fa certo sentire in pace con me stesso; solo che mia figlia è troppo piccola per capire quello che dovrebbero capire altri, e l'unico risultato per lei sarebbe stato essere separata da tutti i compagni. Così si sceglie il male minore. Almeno lo spero. Da quando mangia all'asilo non si può iniziare la cena se non siamo tutti a tavola e si dice Buon Appetito. Se tra qualche tempo ci obbligherà anche a farci il segno della croce e a cantare "Grazie Signore grazie, grazie" capiremo di aver commesso un errore imperdonabile. E ci toccherà ritirarla. Ma dalla scuola, stavolta! :)

venerdì 15 ottobre 2010

Quelli che...hanno capito tutto


La Russa. Quello che ha capito quali sono le cose veramente importanti per le quali lottare: riportare in Italia le spoglie dei Re.

Federazione Serba. Quella che ha capito che è molto peggio non prevenire che avvelenare.

Il sostituto procuratore di Bologna. Quello che ha capito che non importa se la mozzarella diventa blu, basta che non faccia male.

Mauro Masi. Quello che ha capito che quando qualcuno cancella una tua cazzata, devi farne subito un'altra.

mercoledì 13 ottobre 2010

Niente tappi alle bottiglie

E' sempre spiacevole parlare male del lavoro degli altri, specie quando il lavoro è un lavoro molto difficile, oltre che molto rischioso e di alto valore sociale, come quello del poliziotto. Però mi suona un po' male che si cerchi di esaltare le forze dell'ordine (intese sia ben chiaro non come singoli poliziotti ma come istituzione) all'interno di quanto è accaduto ieri sera a Genova, quando è stato di fatto consentito a quegli sciagurati individui non solo di arrivare allo stadio ed entrarci, ma anche di entrarci con un vero arsenale da guerra. Se vado allo stadio io, e l'ultima volta ero tribuna non in curva, mi perquisiscono, mi cercano se ho accendini o i tappi alle bottigliette di plastica. Non voglio parlare male di quei poveretti che stanno a fare servizio all'ingresso, ma qualcosa di sicuro non torna se ieri sera sono entrate allo stadio cose un po' peggiori di un accendino o di una bottiglietta chiusa. C'è stato, come minimo, un clamoroso errore di sottovalutazione, oltre che certa incapacità di gestione. E se le partite della nazionale erano rimaste ormai tra le poche ad attirare pubblico eterogeneo e famiglie, da oggi anche qui si è chiuso. Peggio della tessera del tifoso, che, sicuramente, quelli serbi non avevano...

domenica 10 ottobre 2010

Povero (e carissimo) Pinocchio

Una storia come quella di Pinocchio è un materiale infinito per farci un parco a tema. Ammetto, quindi, di esserci rimasto un po' deluso oggi dalla visita al Parco di Collodi. Deluso per la limitatezza della realizzazione: sebbene l'idea del percorso tra la vegetazione sia adeguata, manca del tutto l'approfondimento. La storia si dà per scontato che tutti la sappiano (a parte una rinfrescata che viene data due volte al giorno in uno spettacoletto anche divertente ma che mira più al cabaret - con coinvolgimento del pubblico - che non a stupire ed emozionare i bambini (e non è vero che i bambini non si emozionano più di niente, quelli siamo noi adulti), e poi si scopre che anche gli adulti intervistati non conoscono l'incipit (vergognoso), ma neppure sanno cosa sia un abecedario. Mi chiedo però come a nessuno sia saltato in mente che la storia di Pinocchio poteva essere un ottimo spunto per approfondire temi quali l'antico mestiere del falegname (ricreando la bottega di Geppetto) o il senso della giustizia (andrebbero educati da piccoli) o l'importanza della cultura (a meno che la Gelmini non faccia parte del consiglio di amministrazione del parco). E sono rimasto deluso anche da uno stato di semidegrado del museo, e, soprattutto, da una costante sensazione che il Gatto e la Volpe abbiano fatto scuola, e si faccia di tutto per spillarti soldi. 11 euro il biglietto di ingresso, 8 per bambini sopra i tre anni: 30 euro in tre. E ti aspetti che tutto sia compreso, dentro. Invece: un euro per ogni giro sulle giostre, senza possibilità di abbonamento; due sole attrazioni comprese nel biglietto del bambino, mentre se per caso un adulto deve accompagnarlo, magari perché ha solo tre anni, paga un'euro; nel laboratorio compreso nel pezzo hai un naso di carta da dipingere, mentre se vuoi un cappello da colorare paghi un euro per il piccolo e 1,50 per il grande. Se poi lo vuoi già colorato (credo dalla signora che sta alla cassa) quello grande - un pezzo di cartone spillato con la spillatrice - costa 3 euro. E non parlo del cibo, anche perché almeno quello - sapendolo - te lo puoi portare da casa.
Se uno di voi è mai stato negli Stati Uniti sa di cosa parlo. Sa della capacità di creare attrattiva dal nulla. Noi, che abbiamo tutto, a parte qualche lodevole caso isolato, sappiamo solo lasciare che il tutto marcisca in sé stesso.

venerdì 8 ottobre 2010

Spartizioni vincenti?

Ho letto questo interessante post, linkato da un mio amico di facebook. Non posso vantare credenziali analoghe a quelle dell'autore, ma se molte delle sue affermazioni le condivido, su altre invece nutro qualche dubbio, non perché non possano essere vere, quanto per la spiegazione che talvolta viene fornita. Vediamo.



"Cosi', una trentina di telco di dimensione nazionale nel mondo continueranno a spingere su Android, e considereranno Apple un male necessario. Di tutte le migliorie al servizio , al trasporto, allo sviluppo di applicativi, si terra' conto delle specifiche di comunicazione dei cellulari android, e se apple ha dei problemi, li fissera' a sue spese. Non divide la torta, ergo non si divide nulla con Apple."


Non ho dubbi che una telco, se vuole, può spingere in qualche modo il mercato verso una piattaforma piuttosto che un'altra. Ma davvero vuole? O, meglio, davvero lo vuole a scapito dei suoi interessi? Che sono, certo, anche legati alle opportunità che una piattaforma offre, ma non solo a quelli. E se Apple non consente determinate "personalizzazioni" alle Telco, quest'ultime sono in ogni caso vincolate a vendere abbonamenti, per cui se davvero nessuno domani offrisse "opportunità" ai possessori di iPhone, l'offrirle diventerebbe già di per sé un segno distintivo tale da sovrastare in termini di marketing qualsiasi altro interesse. E qualcuno inizierebbe pertanto ad offrirle. Questo ovviamente sempre ammesso che Apple continui a sfornare oggetti tali da mantenere l'attuale appeal sul pubblico. Insomma, a mio avviso a parole si dicono tante cose, ma alla fine è la telco che segue il mercato e non viceversa. Tanto è vero che la affermazione successiva per la quale gli effetti di tale politica delle telco si noterebbe già nel "sorpasso" di Android su iOS è a mio avviso quantomeno azzardata; a meno che il mercato italiano non sia una eccezione nel panorama mondiale, non mi pare si faccia molto per adesso per contrastare iOS, non fosse altro che per il semplice motivo che tutti i media offrono servizi per iOS e molto pochi offrono gli stessi per Android. Alle telco piacerà tanto Android, ma credo siano contente se uno si carica tutti i giorni Repubblica o il Corriere o tutte le settimane l'Espresso, cosa che gli utenti fanno solo con iOS, per ora. E se Android sorpassa iOS i motivi sono da ricercarsi casomai altrove (prezzi inferiori, per esempio, tanto che voglio vedere quanti Galaxy Tab vende Samsung se mantiene questi prezzi; e se ne vende qualcuno è perché non a caso si è gettata su una fascia dimensionale dell'oggetto ancora priva di concorrenza, non certo perché c'è Android o perché c'è Telecom)


E ancora.
"Questo produce sull' iPhone lo stesso effetto che avvenne all'epoca coi computer: dopo un dilagare iniziale dovuto all'interfaccia grafica piu' usabile, iniziano a volere tutti i soldi per se'. E questo permette a chi propone piattaforme piu' aperte ed incomplete di attirare investimenti , dal momento che si stima che vi sia spazio per fare soldi."


L'affermazione è vera. Ma è vera solo dopo che la piattaforma più aperta ed incompleta ha un suo mercato di significativa rilevanza. E come lo ottiene questo mercato, oggi? Perché è valida e completa, e tanto più è valida e completa quanto più è chiusa. Insomma se negli anni 80, agli albori dell'informatica di consumo, c'era sicuramente spazio per oggetti incompleti e pertanto il ragionamento fila, oggi non fila più perché oggi la gente è abituata alla qualità e non comprerebbe mai una piattaforma incompleta seppure aperta, ma preferisce di gran lunga una piattaforma chiusa purché essa sia completa, usabile e abbia applicazioni aggiuntive in gran quantità e dal prezzo accessibile. Lo dimostra del resto il fiasco totale - almeno attuale - di Windows Mobile, probabilmente la piattaforma per cellulari più aperta e incompleta esistente al momento. A qualcuno di voi interessa davvero a chi vanno a finire i soldi che spende? O, meglio, qualcuno di voi indirizza le scelte di acquisto in base al destinatario dei propri soldi, o piuttosto in base al tentativo di spendere per un oggetto completo e utilizzabile, indipendentemente da chi sia a vendervelo? 


E infine.
"Google ringrazia Nokia: immagino a fine anno faranno una donazione al fondo per i manager finlandesi diventati clochard."


Inizierei col dire che eventualmente i primi a ringraziare Nokia dovremmo essere noi e non Google. Ed in ogni caso il primo ad offrire le mappe gratuite è stato Google e non Nokia, e Nokia non ha fatto altro che cercare di reggere il mercato aggiungendo all'offerta la navigazione . Su iPhone ci sono da tempo mappe gratuite, e ci sarebbero state anche su Android. Che doveva fare Nokia? Pensare a salvare TomTom? Oppure offrire il plus della navigazione per recuperare clienti? E, ancora una volta, a chi interessano davvero le telco in questo contesto? Nokia, e Apple ma anche Samsung o HTC, devono vendere telefoni, non far fare abbonamenti alle telco.


Condivido invece in pieno tutto il discorso sulla banda larga, soprattutto quello sul digital divide. E mi rimane il rammarico di non aver potuto assaggiare il catering.

giovedì 7 ottobre 2010

Parenti aberranti

Diciamolo francamente: chi di noi non ha pensato che il colpevole era lo zio, soprattutto nel momento in cui ha ritrovato il cellulare? Ma diciamolo altrettanto francamente: questa cosa che tutti lo avevamo pensato è una tragedia nella tragedia. Non perché uno zio è uno zio e non uno qualsiasi; ma perché una aberrazione del genere, un tizio che non si limita ad invaghirsi della lolita - anche se nipote - di turno, ma addirittura arriva ad ucciderla, fare quello che non sono neppure in grado di pensare, figuriamoci di scrivere, e nascondere poi il cadavere e far finta per giorni con tutta la parentela di essere sconvolto; una aberrazione del genere, dicevo, non dovrebbe neppure venirci in mente, a meno che non fossimo anche noi altrettanto aberrati. Invece siamo così abituati, assuefatti alla follia umana che l'aberrazione è la prima cosa a cui pensiamo. E tanto ci sembra ovvio da apparire quasi naturale.
Oggi un collega poneva una questione interessante: meglio uno zio, cioè un parente, oppure un estraneo? Meglio, quindi, sapere che la follia si nasconde spesso in famiglia o meglio temerla nel vicino di casa o nel passante occasionale? La risposta, in effetti, è al contempo ovvia e terribile: meglio in famiglia. Meglio guardarsi da un numero limitato, e per di più noto, di individui, che dal mondo intero. Ovvio. Ma la verità è che nessuno può garantirci che quello zio non avrebbe fatto la stessa cosa con un amica della figlia, o con una qualsiasi ragazzina incontrata per strada.
Alla fine, comunque la si guardi, siamo di fronte alla violenza di un uomo verso una donna, più grave forse perché lei aveva solo 15 anni e tanti sogni, ma non certo più grave perché lei era sua nipote o lui suo zio.

mercoledì 6 ottobre 2010

Rialzi di testa

Un breve seguito al post di ieri.
Non certamente per un caso, dopo la assegnazione ad Edwards del nobel, non solo si riapre la discussione sulle "fedi contrapposte" ma anche si riscopre la non costituzionalità della legge 40.
Non posso dire che la cosa non mi faccia piacere, anzi.
Ma mi dispiace dover sempre assistere a questi rialzi di testa. Non so infatti se sia per una perdita di memoria, per un abbassamento di interesse o semplicemente per la rassegnazione che in questi anni si è impossessata di noi italiani, ma il rialzo di testa significa senza tema di smentita che prima la si era abbassata. E ad abbassare la testa, in perfetto insegnamento clericale, siamo diventati tutti un po' troppo bravi, accettando cose imposte da individui ed organizzazioni ai limiti (e a volte anche oltre) della delinquenza, certamente esterni a qualsiasi forma di cultura sociale e non.
Vediamo se stavolta riusciamo ad andare fino in fondo, sconfiggendo il medioevo in cui qualcuno ha tutto l'interesse a tenerci.
Se volete approfondire, date una occhiata qui.

martedì 5 ottobre 2010

Inaccettabile Vaticano

Il Vaticano non perde occasione per rendere evidente a tutti, qualora ce ne fosse ancora bisogno, di quanto sia antistorica, antisociale e ci sarebbe da dire anticristiana la sua esistenza. Anche la esternazione sul Nobel ad Edwards si colloca nello stile tipico. Non ci si accontenta di dichiarare che non si è d'accordo, ma si attacca come al solito frontalmente, dicendo che la scelta, peraltro libera, è inaccettabile. Ed è meglio sorvolare sulla motivazione. Se questo, in un paese normalmente civile e culturalmente nella media, porterebbe principalmente a rendere ridicolo chi lo dice, nel nostro paese, che civile lo è un po' meno, l'opinione vaticana viene fatta propria, avallata e utilizzata non solo dal potere temporale (che poi non disdegna in privato di venire meno a nove comandamenti su dieci) ma da tanti, troppi cattolici non abbastanza maturi da ragionare e prenderne le distanze. Solo sei anni fa il nostro civilissimo paese ha promulgato la (per dirla alla vaticana inaccettabile) legge 40 sulla procreazione assistita, e ha fatto fallire l'anno successivo il referendum abrogativo, seguendo le indicazioni di un nuovo Papa che poi, col tempo, si è dimostrato per quello che è (o che non è). Ieri l'incivile europa ha assegnato il premio Nobel a Robert Edwards per lo sviluppo della fertilizzazione in vitro. Se tutti intorno a te suonano una musica diversa, converrebbe, invece di continuare a stonare, fermarsi un attimo ad ascoltare e cercare di capire. Ma è chiedere troppo, probabilmente.
Eppure il mondo è pieno di cristiani illuminati, ed è veramente un peccato che a noi Italiani tocchi avere in casa questo sciame di cattolici oscurantisti e il loro capo supremo, che hanno l'unico effetto di rallentare, ancor più di quanto già non siamo capaci di fare da soli, lo sviluppo della civiltà in questo paese. Paese nel quale, ancora oggi, nel 2010, il figlio di due persone non sposate non ha legalmente dei nonni. 

lunedì 4 ottobre 2010

Pronto helpdesk, con chi twitto?

Fino ad ieri eravamo abituati a chiamare i call center trovando spesso persone incompetenti o impotenti, raramente in grado di darti consigli su un problema, figuriamoci risolverlo. Adesso possiamo contattare un esiguo gruppo di queste stesse persone attraverso i social network: facebook, twitter, friendfeed. Tu scrivi un messaggio, loro ti rispondono. Funziona? Forse.
L'utente ha un vantaggio, che è quello di dare tempo all'interlocutore di cercare da qualche parte o da qualcuno più bravo di lui la soluzione al problema. Certo lo svantaggio è che l'utente deve aspettare. Magari anche un'ora, per ricevere una risposta, o almeno un invito ad un direct messaging. Ma almeno la risposta, una decente risposta, ha una probabilità decisamente più alta di arrivare. L'operatore del call center, invece, ha il vantaggio che eventuali lamentele del cliente sono scritte e non urlate, il che spesso è per lui (o lei) preferibile. E' pur vero che l'opzione flirting con il cliente inviperito è in questo caso quasi del tutto fuori discussione: non ci sono voci suadenti che tengano o profferte di convenientissime soluzioni alternative quando usi la tastiera.
Dando una sbirciatina su twitter mi pare che per adesso il servizio di Telecom sia molto poco usato, il che certamente aiuta la sua riuscita. Se e quando ci saranno online un numero di chiamate analogo a quelle telefoniche, credo che il vantaggio di non sentire la frase resti in linea per non perdere la priorità acquisita sia inferiore a quello di scrivere un messaggio nel vuoto del ciberspazio e chiedersi se mai sia esso arrivato a destinazione o sia stato fagocitato da qualche router sulla via o più facilmente perso nel mucchio di byte sullo schermo dell'operatore. 
E l'azienda? Beh, l'azienda ci mette davvero la faccia. Come operazione trasparenza è innegabilmente efficace, ma non so quanto ritorno pubblicitario ci sia dal mettere in piazza tutti i disservizi dei clienti. Senza contare che, così come quasi tutti sono capaci di scrivere - in forma anonima soprattutto - messaggi erotici sul web mentre non tutti  hanno lo stesso coraggio nel chiamare una chat line telefonica, anche in questo caso ogni forma di inibizione del cliente, spesso spinto da lunghe attese sia prima che durante la conversazione, ad evitare di perder tempo a chiamare, viene perduta. E in assenza di possibilità di moderazione potremmo leggerne delle belle.

Nuovo slogan, elezioni vicine?

Che le elezioni siano davvero vicine? Segnali ce ne sono. E non stiamo parlando certo delle esternazioni politiche dei preposti di palazzo. Stiamo parlando dello slogan coniato per il principale interesse nazionale: Scudetto per tutti.
Ormai meno tasse e un lavoro hanno fatto il loro tempo. Del resto in questo caso la platea è nettamente più vasta e la probabilità di riuscita nell'impresa promessa più o meno la stessa.
La classifica parla chiaro: se togliamo la Lazio, abbiamo 15 squadre in 4 punti, o se preferite 18 squadre in 6 punti. Si, certo, sono solo sei giornate, ma lo scorso campionato di questi tempi tra la prima e l'ultima c'erano 13 punti, quest'anno solo 9. E negli stessi 4 punti dopo la prima c'erano 6 squadre non 15.
Ad avvalorare l'ipotesi di elezioni anticipate, poi, c'è anche il riuscitissimo risultato di limitare lo storpiamento dello slogan. Scudetto per tutti si, ma non Scudetto per Totti. Almeno per il momento. Della Fiorentina preferisco tacere.
Si, d'accordo, questa è una idiozia. Però in un paese normale di dirla non verrebbe neppure in mente. Nel nostro, guardandoci intorno in questi ultimi anni,  voi dareste senza indugi la vostra vita per  l'impossibilità di questa tesi bislacca?

sabato 2 ottobre 2010

Indigeste congestioni


Si può fare qualcosa per il traffico nelle città? Dipende dalle città, innanzitutto. A Firenze, per esempio,  la situazione è ulteriormente complicata dalla struttura della città, dotata di strade troppo strette. Altra cosa che complica notevolmente la situazione è la completa mancanza di decentralizzazione dei servizi e dei luoghi di raccolta. Per essere precisi, quando nacquero i quartieri a nord della città si iniziò a decentrare, cioè togliere dal centro, ma dal momento che da allora nessuno si è fermato, il risultato è che ormai fabbriche, aziende di grandi dimensioni, centri commerciali, aereoporto, servizi, ospedali, senza contare gli altri centri ad alta popolazione, stanno tutti a nord, creando lì un unico centro per il traffico. Pertanto è ovvio che la circolazione critica è sud-nord la mattina, e nord-sud la sera, con pochissime eccezioni. La situazione è tragica e certo non ci sono vie di scampo da queste due problematiche appena viste. Quindi non si può fare niente? Beh, qualcosa da fare ci sarebbe, a mio avviso. Sono piccole cose, e anche molto banali in fondo, ma che sono sicuro - perché purtroppo io seguo il senso dell'onda - che aiuterebbero. E costano poco, vicino allo zero. Anzi, in certi casi ci si guadagnerebbe anche. Vediamo.

  • Considerato che le ore critiche sono dalle 8 alle 9 e 30 la mattina e dalle 17 e 30 alle 20 la sera, in questi orari si potrebbe, credo, evitare di eseguire il servizio di raccolta rifiuti, potatura alberi e altre analoghe attività tipicamente notturne.
  • Esiste già una norma del codice della strada che vieta il parcheggio in doppia fila. Basterebbe che almeno nelle fasce orarie di cui sopra si eseguissero controlli e si emanassero sanzioni, sia tramite l'utilizzo delle telecamere, sia tramite autisti dei mezzi pubblici, oltre che, ovviamente da parte della polizia municipale.
  • Sempre nelle fasce orarie indicate, si potrebbe evitare la circolazione ai mezzi pesanti, quantomeno nelle strade di grande comunicazione e scorrimento. E, perché no, decidere che in quelle fasce orarie non si consegnano merci in generale, impedendo la circolazione anche ai corrieri (che poi rientrano tipicamente nella categoria dei parcheggiatori in doppia fila).
  • Una revisione delle corsie preferenziali non sarebbe dannosa. Spesso esse sono state create osservando solo la necessità del mezzo pubblico, senza valutare bene le conseguenze sul resto del traffico. Ci sono zone in cui a causa delle corsie preferenziali o di certi assurdi sensi unici, un normale automobilista (anche il due-ruotista in teoria, in pratica si sa che i due-ruotisti possono impunemente viaggiare dove vogliono) è costretto per recarsi dal punto A al punto B distante 300 metri, a compiere tre volte tanta strada. Tutti creano traffico sulle stesse direttrici, indipendentemente da dove devono andare.

Se non esistessero i due-ruotisti (della serie che mondo sarebbe senza nutella alla meno uno), che hanno costretto, con la loro totale incapacità di capire cosa sia la segnaletica orizzontale, il comune a posizionare dei cordoli di cemento per separare i sensi di marcia sui viali di circonvallazione, avremmo potuto fare come fanno a Barcellona sulla Diagonal, riservare cioè gestendo la cosa con semafori, più corsie ad un senso di marcia in base all'orario. Che poi almeno 'sti generatori di rumore diminuissero il traffico o l'inquinamento, uno potrebbe anche passarci sopra (no, non in quel senso lì...). Ma i danni in entrambi i casi sono sistematici, purtroppo. Sul rumore, invece, servirà un capitolo a parte.

Come farsi pubblicità a tue spese

Potrei anche, sforzandomi un po', essere d'accordo con la scelta di mettere a pagamento le buste della spesa. Potrebbe essere un incentivo a consumarne meno, anche se basterebbe farle tutte biodegradabili. Il costo, comunque, potrebbe tranquillamente essere assorbito sul prodotto venduto. Ma quello che veramente rasenta l'assurdo è quando ti fanno pagare le buste con sopra il logo del negozio. Cosa tipica, se non esclusiva, delle grandi catene di supermercati. Chi va in giro a fare pubblicità alla Esselunga o alla Coop dovrebbe essere pagato, non pagare. Se poi proprio si vuol far pagare la busta, va bene, ma per favore obblighiamoli a vendercela bianca o, comunque, senza loghi stampati.
Questo stesso concetto potremmo tranquillamente applicarlo a quei rotoloni di carta assorbente che, al posto degli uccellini e delle ciliegie, hanno stampata sopra la pubblicità. E che invece di regalarteli o, al limite, darti dei soldi a te se li compri, te li fanno pagare poco meno dei tradizionali.
Del resto i precursori di questa pratica abnorme sono state le aziende discografiche. Ricordate i CD col bollino "Pubblicità TV" che costavano più cari perché si dovevano recuperare i soldi spesi in promozione?

venerdì 1 ottobre 2010

Wi-Fi free or expensive 3G?

Su L'Espresso di oggi in una breve intervista Franco Bernabè, amministratore delegato di Telecom, si schiera apertamente a favore del decreto Pisanu che, rendendo di fatto quasi impossibile installare un hot-spot wifi, dal 2005 tiene l'Italia tra i paesi più arretrati nella connettività internet open air, stupefacendo ogni anno migliaia di turisti che si vedono chiedere un documento per poter accedere alla rete con il proprio dispositivo mobile. Ammetto che nella mia ingenuità pensavo che il mantenimento anno dopo anno del decreto Pisanu fosse solo una ennesima prova della incompetenza e arretratezza culturale della nostra classe politica, ma in effetti non avevo pensato a quello che ormai da anni maggiormente provoca leggi e decreti: il potere delle lobby.Le case editrici impediscono l'uscita di ebook sullo store di Apple o di altri vendor, le compagnie telefoniche vedono ovviamente di buon occhio (anche se Bernabè dice di non entrarci niente) la pesante limitazione negli accessi wi-fi, che costringono chi vuole connettività all'aperto a rivolgersi a loro, pagando a caro, carissimo prezzo un servizio ogni giorno più scarso in termini di velocità e affidabilità. Ormai siamo tutti assuefatti a queste ingerenze, e i politici hanno vita facile nelle imporcele. Il 31 dicembre ri-scade il decreto Pisanu, che dal 2005, appunto, viene regolarmente prorogato. Che succederà questa volta? L'avvento sempre più massiccio di dispositivi smartphone, tablet, netbook, servirà finalmente ad impedire questo ennesimo scempio? Di certo le compagnie telefoniche vedranno proprio in questo diffondersi di dispositivi una gallina dalle uova d'oro. Riusciranno i nostri eroi ad impedirlo? Vediamo se la mobilitazione, partita in qualche modo oggi da L'Espresso, sarà questa volta più convinta. Per quello che potrà servire.

giovedì 30 settembre 2010

Tre schiaffi al telematico buon senso

Lascia un po' esterefatti che la Francia abbia approvato definitivamente una norma di legge la cui discussione è iniziata tre anni fa. La famosa legge dei 3 schiaffi, prevede avvisi via mail e raccomandata a chi scarica illegalmente musica e film da internet (non è chiaro se anche il software) con, al terzo schiaffo, la sospensione da un mese ad un anno del servizio internet (pur continuandolo a pagare, tra l'altro). Lascia esterefatti soprattutto per la totale incompetenza in materia. Non solo l'identificazione precisa del presunto violatore non è sempre certa, ma la certezza che il file scaricato sia illegale è praticamente impossibile. Così come impossibile è che, una volta partita la legge, chi veramente è pirata non trovi sistemi per aggirarla, alcuni dei quali un poco più complessi (tipo VPN o comunque traffico criptato o mascheramento IP con utilizzo di anonimyzer), alcuni assolutamente banali come quello di usare per scaricare uno dei numerosi collegamenti wi-fi gratuiti e anonimi (mica siamo in Italia!!) che esistono in Francia. Chi sarà quindi preso nelle maglie della rete non sarà altro che un pesce molto molto piccolo, come il ragazzino che si scarica il brano da discoteca che mai e poi mai avrebbe comprato con la sua paghetta settimanale. E ad andarci di mezzo saranno i genitori.
Lascia esterefatti ancora di più che in tre anni di discussioni non si sia capito che internet è incontrollabile per definizione.
Ma adesso qualcuno non venga a dire "visto? la Francia è peggio di noi!". Beh, no... La verità è che noi una legge cosi' non ce le abbiamo non perché i nostri politici siano illuminati, ma perché non hanno idea di cosa sia internet, e tra case a Montecarlo, società off-shore, escort, compravendita di voti e litigi, litigi, litigi, ma dove lo trovano il tempo per impararlo? E cosi' da noi chi la fa l'antipirateria? La FiMi. Come se mi mettessi io a fare le multe ai motorini che mi parcheggiano sotto casa nei posti riservati alle auto. Magari.

mercoledì 29 settembre 2010

Ma sette pollici è meglio di dieci?


Oggi, grazie a Samsung, ho avuto modo di provare il Galaxy Tab. Non ho ovviamente ancora avuto modo di testarlo a sufficienza per poter darne un giudizio tecnico degno di nota, o per fare un raffronto con l'iPad, anche se volendo essere pragmatici alla fine scopriremo che alla prossima realease di hardware o di sistema operativo Galaxy e iPad saranno praticamente equivalenti. Se tralasciamo ovviamente l'integrazione nel mondo aziendale, per la quale temo entrambi abbiano ancora un po' da lavorare - sempre che a loro interessi davvero - e sulla quale potrebbero davvero distinguersi.
Vorrei pertanto qui concentrarmi sulla vera unica e incolmabile differenza, che esula peraltro da marca/modello, degli oggetti; su quello che era il mio dubbio principale: e cioè la dimensione dello schermo. Ma sette pollici sono davvero meglio di dieci? La riposta è scontata: dipende. Dipende dall'utilizzo che se ne pensa di fare, dipende da cosa ci si aspetta. Sette pollici sono sufficienti per leggerci un libro, non sono sufficienti a leggerci un giornale (devi per forza usare il pinch). Sette pollici vanno bene per portarsi l'oggetto nella giacca, non vanno bene per visualizzare (ed usare con una certa fluidità operativa) un desktop remoto. Insomma, i miei dubbi restano. Il settepollici è un oggetto ibrido suscettibile di diverse interpretazioni in dipendenza da lato da cui lo si guarda. E' un piccolo (e comodissimo) tablet o uno scomodo cellulare troppo grande? Consente, con un solo acquisto ed un solo oggetto da trasportare, di avere cellulare e tablet, oppure devi comunque avere con te sempre due oggetti? E se vale la prima, è abbastanza piccolo da risultare comodo in ogni occasione come lo è un cellulare? E se vale la seconda è abbastanza grande da consentire un utilizzo davvero diverso da quello di un cellulare touch?

Non so ancora rispondere, e in ogni caso la mia risposta sarebbe probabilmente diversa dalla vostra.
Posso solo dire che, a mio avviso , questo tipo di oggetti hanno la loro massima espressione sul divano di casa, in una stanza di albergo o in aereoporto, mentre non te li porteresti mai allo stadio o in palestra, a correre o in giro per negozi, dove invece non fai mai a meno di un cellulare, meglio se avanzato. Con questa premessa, quindi, mi chiedo se davvero serva a qualcosa risparmiare tre etti di peso (che in una valigia o zainetto non hanno alcun tipo di effetto e tantomeno sul divano di casa) penalizzando in modo secondo me significativo il display.

Ma non tutti sono daccordo. E lo dimostra il fatto che anche Blackberry se ne esce con un settepollici e la stessa Apple ha in cantiere un iPad nano (o iPod giga?).

Solo il mercato ci dirà chi ha visto più lontano.




What country: mafiosi e due-ruotisti

La Brambilla, intesa come ministro del Turismo, se l'è presa con una applicazione per iphone che si chiama What Country, che mostra foto di vari paesi, etichettandoli con dei tag che evidenetemente lo sviluppatore ritiene identificativi del paese in questione. Se l'è presa, la Brambilla, perchè a noi manco a dirlo ci hanno etichettato con la parola mafia, cosa che sinceramente da decenni non fa più notizia. Del resto non è che si sia fatto molto per toglierci di dosso l'epiteto di mafiosi, e molto poco si fa oggi, per cui non capisco tutto questo scandalizzarsi per un giochino da parte soprattutto di un esponente di questo governo. Mi preoccuperei, piuttosto, che insieme ai tag Pizza, Mafia e Pasta (la fantasia al potere) sia stato inserito un quarto e ultimo tag: Scooters
Lì per lì resti un attimo basito, poi ci pensi e ti chiedi: ma in verità, in quale altro paese del mondo occidentale si vedono tanti due-ruotisti come da noi? Sarà un caso che in città ben più grandi delle nostre (da Parigi a New York) praticamente non esistono mezzi a due ruote? Sarà davvero un caso che all'estero si sentano persino in diritto di associarci agli scooter così come ci associano alla pasta? Resta solo la domanda se, per il mondo, questo fatto che siamo un paese di due-ruotisti è positivo o negativo. A questa domanda non so rispondere in modo assoluto. Diciamo che finché non ci vengono a visitare, resta il beneficio del dubbio. Se vengono qui...

martedì 28 settembre 2010

Spot estremi

Guardatevi questo video, se non lo avete ancora visto. Della serie: non c'è limite alla fantasia, ma non c'è limite neppure alla sfacciataggine. Strano che Totti ancora non si sia fatto sentire, e si preoccupi invece di quella trota padre di Bossi. Altro che Bossi, qui la cosa si fa davvero dura! Giulio Cesare. Proprio lui, il romano più romano tra tutti i romani, con la sciarpa bianconera che tifa Juve? Onta, sacrilegio, infamia e disonore! Rosella Sensi appena l'ha visto, in una accorata lettera alla Federazione densa di arimortacci ha subito chiesto la squalifica del nuovo campo della Juve perché  Cesare fa il saluto romano!
A parte le facezie, diciamo che lo spot sarebbe anche simpatico, se non fosse che fa subito venire in mente due considerazioni semiserie (nello spirito del blog).
La prima è che sarebbe la prima volta che il calcio riesce a prendersi in giro senza conseguenze. La serietà nell'affrontare gli argomenti nel mondo del calcio è forse pari solo all'ammontare del denaro che vi circola. Il capo del Governo usa l'aereo di stato per portarsi a letto le escort? E chi se ne frega! Il fallo di Mexes era fuori area e forse non era neppure fallo? Interpellanza parlamentare! E Cesare può impunemente tifare Juve in uno spot, peraltro juventino, e nessuno si scandalizza? Nessuno protesta? Nessuno scrive un saggio sociologico? Non c'è un articolo di Baricco su Repubblica che dice "ve l'avevo detto"? Ancora non ci credo.
La seconda è una riflessione: che la Juventus fosse una squadra apolide lo si sapeva, ma questo spot porta questa sua condizione di squadra disancorata da ogni contestualizzazione socio-geografica ai massimi termini. Pensate a quale altra squadra italiana avrebbe mai potuto immaginarsi uno spot di questo tipo. Ce lo vedete Camillo Benso Conte di Cavour in giallorosso a cantare Grazie Roma in uno spot per la rivalutazione dello stadio Flaminio?  O la Fiorentina che per inaugurare la Cittadella Viola usa come testimonial Pietro Micca con cappello viola e giglio di Firenze sul petto che fa esplodere il Franchi?
Interessante è l'autoreferenziazione finale: noi siamo la storia. Ecco, bravi. La storia. Perché l'attualità certo porta altri colori.
Tremo tuttavia al pensiero che adesso Bossi possa fare il remake di questo spot usandolo come campagna elettorale,  mettendo Alberto da Giussano con la sciarpa verde che urla "Ceeeeel'hoooooo durooooo", Noi siamo la storia....

Sono Permalosi Questi Romani (e i Fiorentini mangiano fagioli)

Bossi è Bossi. Dovremmo conoscerlo, ormai. Raro che dalle sue labbra esca qualcosa di sostanziale, frequente che escano motti e lazzi sui quali, del resto, si fonda il programma della Lega. Quindi a me sinceramente stupiscono di più le intere pagine di giornale dedicate al Sono Porci Questi Romani, della frase in sé stessa. Frase, peraltro, che a me hanno insegnato alle elementari, nei primi anni 70. Se devo essere sincero quella che insegnarono a me (non le maestre, sia chiaro, ma la scuola è una forma di insegnamento di vita che proviene da tutti) recitava Sudici Porci Questi Romani. Se la diceva così Bossi, le pagine sui giornali erano due, prima compresa. Alemanno si inalbera, Napolitano si indigna; scende in campo persino Totti, e questa almeno è già una notizia, visto che ultimamente in campo scende poco. Diciamocelo: non saranno Porci, ma  Permalosi tanto Questi Romani!
Alle elementari, alle quali evidentemente già allora era presente il concetto di par condicio, insieme al significato ufficioso di SPQR ci insegnavano anche la storiellina Fiorentin mangia fagioli/lecca piatti e ramaioli/sotto terra 'un c'è quattrini/accident'a' Fiorentini. Non ricordo discese in campo, forse perché i fagioli in fondo li mangiavano anche gli angeli.
Insomma a volerne ce n'è per tutti, dai milanesi ai palermitani. Io, sinceramente, tra tutte le cose prive di senso che escono dalla bocca di Bossi, eviterei di preoccuparmi troppo di questa, e mi concentrerei invece su altre cose che, preoccupantemente, alle elementari non ci avevano insegnato e che rischiano, quelle sì, di farci diventare un po' tutti dei sudici porci.

lunedì 27 settembre 2010

Politici italiani che perepè qua qua, qua qua perepè

Capita solo a me non farcela più a leggere le prime quattro o cinque pagine dei quotidiani? Non riuscire a vedere un telegiornale, e non solo perché hai una bambina di tre anni per la quale sarebbe più educativo un film di Chuck Norris? Si, lo so che tutto in fondo è politica, ma non è un caso se di politico qua...qua qua perepè...

Più Kindle per tutti

Tanto per restare in tema di mala-scuola, ciarlando a mensa con i colleghi è riemerso l'annoso problema del peso dei libri scolastici. Pare che la figlia di uno di loro, al primo anno delle medie, abbia dovuto portarsi a scuola 11 kg. di libri semplicemente perché ancora non hanno fatto l'orario e pertanto non si sa che lezioni ci saranno quel giorno. Se io non so che lezioni ci saranno, non porto tutti i libri, non ne porto nessuno, ma al di là di questo aspetto è veramente anacronistico che nel 2010 ancora non si facciano libri a dispense, in modo da far mettere nello zaino solo la parte del libro che serve quel giorno. Che il problema sia annoso è dire poco, dal momento che esisteva anche quando andavo a scuola io, e ormai è passato un bel po' di tempo. Un bel po'. Poi sono arrivate le associazioni dei genitori, le interpellanze parlamentari, le promesse e tutto è magicamente rimasto uguale. Ma adesso le cose stanno per cambiare. Tra poco getteremo gli zaini alle ortiche. Adesso, signore e signori, c'è Kindle: è leggero, poco ingombrante, si legge come un foglio di carta e quindi non fa male agli occhi, si trova il testo in pochi secondi ed eventualmente puoi approfondire con internet; costa solo 135 euro (ma con la convenzione scolastica costerà molto molto meno, e visto che non saranno stampati anche i testi scolastici saranno a prezzo stracciato, con una convenienza complessiva per le famiglie molto elevata). Non è un oggetto ludico, come potrebbe essere un iPad, quindi non è neppure a rischio degenerazione d'uso. Tutti gli studenti a partire dalla scuola media ne saranno provvisti. Cioè, quasi tutti. Insomma, qualche classe sperimentale. Diciamo che è un progetto in fase di realizzazione. Ci stanno studiando. Sembra che per il 2071...

domenica 26 settembre 2010

Nelle grinfie della Gelmini

La scuola dell'infanzia di nostra figlia è statale. I genitori di una bambina che era in classe con lei e aveva fatto lo stesso nido l'hanno ritirata, avendo trovato posto in una scuola logisticamente più comoda per loro. Comunale. Non ha dovuto portare la spesa come noi, e il 7 di ottobre è già prevista la prima gita. Da noi hanno detto che per adesso i bidelli ci sono, ma non è detto che sarà così tutto l'anno. Un po' lo sapevamo, del resto questa è la scuola di pertinenza per la nostra zona, quella dove farà la primaria, e iscrivendola alla comunale più vicina non potevamo usufruire del punteggio, col rischio che restasse fuori. Lo sapevamo, ma temo che potremo essere costretti a cambiare le favole, cosicché nostra figlia non debba più avere paura del lupo, ma molta molta di più della Gelmini.


Mac No-Global Donald's Italia

Recentemente sono stato in un McDonald's. Ho visto che continuano a far pagare a parte le bustine monodose di ketchup e maionese, e la trovo una cosa ai limiti dell'assurdo. 40 centesimi; roba che dovresti portarteli da casa e farli casualmente rovesciare sul tavolo. Ecco dove siamo bravi noi italiani ad essere no-global: nei McDonald's del resto del mondo non solo ci sono i dispenser di ketchup e maionese sui tavoli, ma anche il re-fill delle bibite è spesso gratuito, mentre da noi la coca è diluita in ghiaccio e aria, e se la finisci la ripaghi.
Il nostro paese è strano, ma nonostante tutto non riesco ad immaginarmi gente che esce dai McDonald's con ghirbe di coca e litri di ketchup, o bustine monodose di maionese nelle mutande. O forse sono troppo ottimista?

sabato 25 settembre 2010

Due-ruotisti 2: la saga continua (ma a pedali)


Oggi ci occuperemo brevemente della specie più a rischio dei due-ruotisti cittadini: quelli a pedali. Tutti sanno che le nostre città, purtroppo, non sono assolutamente adatte e attrezzate per le due ruote a pedali. E lo sanno perfettamente anche coloro che le usano. Lo sanno perché non passa giorno che non ci sia qualcuno che si lamenti per come i comuni siano disorganizzati, le piste ciclabili poche eccetera eccetera. Lo sanno ma siccome andare in bici fa molto eco (che tradotto significa che le macchine non si parcheggiano, gli autobus sono troppo pochi e troppo cari,  i motorini costano troppo e a piedi ci vai te), la disorganizzazione, la mancanza delle piste ciclabili e il pericolo non li ferma. E fino a qui andrebbe anche bene, ogni specie ha diritto alla sopravvivenza (e mai vocabolo si adatta meglio alla situazione del soggetto in questione). Evidentemente però la frustrazione di essere considerato un elemento alieno nel traffico cittadino porta i due-ruotisti a pedali (che chiameremo brevemente 2RP) a bizzarri comportamenti, dei quali qui evidenziamo i principali.
  • Un 2RP predilige la strada, anche in presenza di pista ciclabile adiacente. In alternativa, talvolta, utilizza il marciapiedi.
  • Se possibile e se previsto da tragitto da compiere, il 2RP viaggia contromano, meglio se con il sole basso alle spalle cosicché risulti il più possibile invisibile agli automobilisti.
  • Se il tragitto contromano non risultasse in un dato momento possibile, il 2RP si dirige con relativa sveltezza sul marciapiedi, incollando al muro i pedoni, per poi tornarsene in strada appena l'ostacolo si è tolto di mezzo.
  • Il 2RP adora mettersi in prima fila ai semafori. Al momento del verde la partenza deve risultare il più possibile sbandata, in modo da creare il panico negli automobilisti. 
  • Il 2RP a volte decide di utilizzare la pista ciclabile. Questo accade solitamente quando essa è ricavata tirando una riga sul marciapiedi e preferibilmente in prossimità dei punti in cui essa termina, cosicché il giorno dopo possa scrivere ai giornali scandalizzato. In questi casi si terrà regolarmente il più vicino possibile alla linea di divisione, suonando disperatamente il campanello per far scansare i pedoni, ancora una volta incollati al muro.
  • Il 2RP parcheggia sul marciapiede, se possibile di fronte alle finestre dei seminterrati, le cui sbarre in effetti sono lì disposte appositamente dal comune per allacciare i lucchetti. Se il marciapiedi è stretto, ovviamente meglio. Se è largo il 2RP potrebbe anche decidere di parcheggiare tra auto e auto.
  • Il 2RP regolarmente non si ferma alle strisce pedonali, nessuno è ancora riuscito a capire se è perché esse sono dal 2RP di solito utilizzate per attraversare le strade e pertanto considerate sua proprietà, oppure semplicemente perché i freni non funzionano. La maggiore affidabilità della seconda ipotesi sembra emergere dal tipico comportamento del 2RP di evitare eventuali ostacoli gettandosi verso il centro della carreggiata senza verificare chi ha dietro e senza rallentare.
  • Il 2RP non usa il casco. Se il 2RP transita su pista ciclabile con un bambino nel seggiolino, anche il bambino è senza casco. Dello specchietto retrovisore nessuna traccia.
  • Quando il 2RP esce dal centro abitato si trasforma in una specie di Pantani. Se ne trovi uno in salita, essendo solo una specie di, lo vedi sbandare ansimando e invadendo la carreggiata opposta. Quando riesci a superarlo ti guarda con la faccia stravolta e lo sguardo interrogativo per dire "Cosa ci fa qui questa macchina? Come mai non hanno chiuso la strada?"


venerdì 24 settembre 2010

Raccolta differenziata: ego te absolvo in nomine Terrae


Forse non sono un animo puro. Forse non ho a cuore le sorti del pianeta. Forse. O forse più semplicemente sono troppo pragmatico. In ogni caso proprio non ce la faccio a convincermi della utilità della raccolta differenziata. O, per meglio dire, della convenienza complessiva di tutto il processo.


Un paio di settimane fa ero in Versilia. Scopro che dove mi trovo hanno un sistema di raccolta differenziata meraviglioso. Tanto meraviglioso da rasentare l'assurdo. Ad ogni famiglia vengono consegnati 7 (sette!!) tipologie di sacchetto/contenitore diversi, per le seguenti tipologie di rifiuti: organico, carta/cartone/tetrapack, verde, plastica/lattine, vetro, indifferenziato, olii. Primo problema: trovare un posto in casa per tutti e sette i contenitori. Supponiamo che, con una operazione di ampliamento irregolare della cubatura abitativa e in attesa di un condono ci si riesca. Ecco il secondo problema, e certamente più critico: ma dentro cosa ci metto? A prima vista sembra facile. C'è scritto carta/cartone? Ci metto carta e cartone. No. O meglio, si, ma attento che nella carta non ci siano residui di colla (quanti residui?), che il cartone della pizza non sia troppo unto (quanto troppo?), che la carta non sia uno scontrino e che non siano bicchieri o fazzoletti (pare che non valga neppure prendere un bicchiere di carta e smaterializzarlo in rettangolo di carta-cerchio di carta). Intanto una prima cosa l'ho capita: devo fare un bello spazio grande per i rifiuti indifferenziati. Passiamo alla plastica/lattine: siccome pensavo fosse facile la carta, mi preoccupo un po' per la plastica, e faccio bene perché innanzitutto devo chiedermi: ma questa plastica che ho in mano è omogenea o eterogenea? Wikipedia forse mi aiuterebbe, ma preferisco attenermi agli esempi forniti, forse più facili da capire. Forse. In effetti no. E' un dramma: piatti bicchieri e posate in plastica non se ne parla nemmeno, bottiglie si ma se non sono giocattoli (?), contenitori sì, ma non di CD. Ci sono in tutto 40 categorie di esempio (20 sì, 20 no), con una annotazione in fondo inquietante: se i contenitori sono molto sporchi (quanto sporchi?) o presentano troppo residuo di materiale (quanto è troppo?) vanno messi nel sacco della indifferenziata. Che, mannaggia, ho fatto ancora troppo piccolo. I contenitori in alluminio devo stare attento che non siano etichettati T o F (ci si ricorda bene: sta per Ti Fotto se mi metti nel sacchetto sbagliato). Sono già un po' stanco ma sono certo di rifarmi facilmente con il vetro. Vetro è vetro, lo sanno tutti! Leggo e scopro che non si tratta di vetro-vetro se è: uno specchio, una finestra, un piatto (di vetro suppongo perché se era di ceramica lo sapevo da solo), una tazzina da caffè (ma se è per il tè o il latte va bene), una lampadina. Ho capito che devo cambiare la tipologia del contenitore per l'indifferenziata, visto che ci butterò anche il vetro. Sono sfiduciato, lo ammetto, quando passo all'organico. Invece questo sembra facile. Mi elencano venti cose che non ci posso mettere nessuna delle quali è organica (quindi potevi risparmiarmelo). Alla ventunesima però rabbrividisco: non posso mettere nell'organico la spazzatura. Temo di essermi dimenticato gli studi classici, pertanto prendo un vocabolario e leggo: spazzatura, s.f. l'immondizia spazzata. Appunto. Mi sembrava. Quindi se spazzo in cucina, anche se quello che spazzo sono pasta o bucce di mele, tutto nell'indifferenziato. Forse potrei chiedere se l'uso delle pinzette per raccogliere eventuale bucce di patata cadute per terra è consentito. Sono molto stanco adesso, e evito di occuparmi del verde. Anche perché trasportare questo immenso sacco di indifferenziato è una fatica. E devo anche riportarlo indietro perché ho scoperto che esiste un calendario: l'organico me lo prendono il lunedì, il giovedì e il sabato; la carta il mercoledì; la plastica il martedì e il sabato; il vetro il giovedì; il verde il martedì e il venerdì; l'indifferenziato il lunedì e il venerdì. Temo che dovrò assumere qualcuno per riuscire ad avere una vita personale e stare dietro a questi "obblighi di legge". E c'è una cosa che mi terrorizza: ma se per caso uno, meno preparato, meno attento, meno eco di me, sbaglia o fa il furbo e butta, che ne so, un bicchiere di plastica nella plastica...ma che succede? Un giorno a lavoro ho trovato un cartello sul cestino. Diceva: Attenzione, anche un solo bicchiere di plastica vanifica tutta la raccolta. E' stato tolto. Era un chiaro, ennesimo, definitivo incentivo alla indifferenziazione.


Ma ce ne sono di più, e più seri, di quelli che abbiamo visto fino ad adesso. Per esempio basterebbe chiedersi quanto costa tutto questo. Quando ero in Versilia era un viavai continuo di mezzi a ritirare le varie tipologie di materiali durante il giorno (stavo vicino a degli esercizi commerciali e loro hanno un calendario ovviamente più denso), mentre con l'indiiferenziato passi una volta al giorno e via: meno costi, meno inquinamento (anche acustico, se avete vicino un raccoglitore del vetro). Poi potremmo chiederci cosa ne fanno di quello che noi differenziamo. Leggo in giro e scopro che nella maggior parte dei casi, carta e plastica vengono bruciate, come tutti gli altri rifiuti organici e non. Vengono bruciate perché il costo delle operazioni di riciclo e trasformazione eccede il prezzo di acquisto del prodotto nuovo, con rarissime eccezioni. L'unica cosa veramente riciclata è il vetro. E pensare che basterebbe fare come si faceva una volta e come continuano a fare in Svizzera, e cioè far pagare i vuoti e mettere ai supermercati macchinari di ritiro degli stessi. Quando anche carta e plastica vengono riciclate, i costi dei macchinari sono tali per cui è necessaria una sovvenzione statale o comunale, il che tradotto significa che paghiamo noi. Ma non sarebbe meglio usare quei soldi per fare inceneritori sicuri? 


Ma ormai credo di avere le idee abbastanza chiare: se ricicli sei un bravo ragazzo che espii in qualche modo la tua compulsiva necessità di acquistare e consumare. Insomma la raccolta differenziata come confessione e penitenza: ego te absolvo in nomine Terrae.

giovedì 23 settembre 2010

Provincialismo b&w


Mi ero ripromesso di scrivere il meno possibile su Fiorentina o Juventus, ma stasera vedendo la partita della Juve contro il Palermo non posso tacere che sono rimasto abbastanza colpito dal sentire il pubblico bianconero, da pochi minuti sotto di due gol in casa, cantare "finché vivrò odierò la Fiorentina...". Caspita. C'è qualcuno più provinciale di noi, che almeno ci teniamo lo juvemerda per momenti meno delicati.

Bridget Jones cube

Pur consapevole della probabilmente insormontabile incapacità del maschio di capire fino in fondo la psicologia femminile, trovo qualche difficoltà a credere alla notizia apparsa oggi su Repubblica secondo la quale stia avendo discreto successo un sito (www.pinkkisses.com) che si occupa, dietro compenso, di fornire servizi a favore delle donne (e solo donne) che sono state lasciate. Il sito, va detto, esiste, ma la mia difficoltà sta nel credere che davvero ci sia qualcuna che lo utilizzi. Ora passi per servizi evoluti di tipo psicologico o di sostegno. Ma possibile che esista, seppur tra le americane, un numero di donne sufficientemente alto disposto a pagare per vedersi recapitare per un mese a casa fiori e cioccolatini marcati "Better than sex" ed avere due settimane di invio di SMS motivazionali? Cosa cambia dall'uscire per andarseli a comprare i cioccolatini o i fiori, scrivendosi da sola un bel biglietto di complimenti? E questo non è enormemente più deprimente che aspettare che qualcuno (chiunque esso sia) te li regali davvero? Roba che nemmeno Bridget Jones al cubo...
Stavo comunque pensando ad un sito analogo rivolto ai maschietti. Vediamo. Come servizio base potremmo pensare all'invio giornaliero di ogni tipo di depliant di gadget tecnologici dalle varie funzioni, con tanto di indirizzi internet di approfondimento, accompagnati da birra gelata. Il premium invece potrebbe prevedere, in aggiunta, inviti ad eventi sportivi di vario genere o la fruizione degli stessi da remoto in mutande e rutto libero.
Dite che il mio sito è troppo stereotipale?
E l'altro come lo definireste? Diffamatorio va bene? 

mercoledì 22 settembre 2010

Galliani: anticipata di due anni la fine del mondo

E così anche quest'anno il nullocrinito vice-presidente amministratore delegato (g.f., Zi Festr) della Associazione Calcio Milan sta cercando in tutti i modi di cambiare il calendario del campionato di serie A alla vigilia di Natale.
Noto per la sua profonda fede nonché per le indiscusse capacità di meteorologo, come testimonia il premio "Edmondo Bernacca" ricevuto pochi mesi fa, Adriano Galliani ha stabilito oggi (non è chiaro a quale titolo) l'impossibilità assoluta di giocare il campionato di calcio di serie A il 22 di dicembre, per due motivi fondamentali: il primo, ovviamente, è non turbare il raccoglimento dell'antivigilia alle famiglie italiane, che resterebbero certamente sconvolte in quel periodo dal vedere al ralenti i labiali dei giocatori in campo; il secondo è la certezza di violente precipitazioni nevose in tutta la penisola con il crollo delle temperature proprio il 22 dicembre 2010. Voci non confermate, in realtà, parlano del ritrovamento, avvenuto ieri proprio da parte di Galliani, di scritti Maya che anticiperebbero di due anni esatti la fine del mondo. Ma la notizia, per adesso, e per ovvi motivi, resta secretata.
La verità, ovviamente, è un'altra, e non fa neppure più notizia essendo la stessa dello scorso campionato (ricordate di quella partita pre-natalizia rinviata a Firenze per ghiaccio sugli spalti, non, come da regolamento, al giorno successivo, ma a data da destinarsi?). La verità è che l'AC Milan ha già promesso ai suoi campioni brasiliani (Ronaldinho, Robinho, Patinho...) le ferie. E' Galliani poveretto non può convincerli a restare...non avessero a scioperare...

Al ristorante con la spesa

Ecco cosa ha dovuto portare in dote mia figlia all'asilo:
n.1 scatola di pennarelli (marca TURBO MAXI GIOTTO) 
n.4 cartoncini tipo bristol (giallo-blu-celeste-rosa) 
n.1 risma di carta bianca 
n.2 colla stick (marca PRITT) 
n.1 rotolone 
La spesa totale è abbondantemente sotto i 20 euro. Ora mi domando: ma dal momento che le due cose più care (pennarelli e colla) che coprono la metà della spesa totale, devono essere di una marca specifica, e quindi non sono soggette a scelta eventuale di risparmio da parte delle famiglie, ma non facevano prima e meglio, se proprio i soldi non ce li avevano, a chiedere 20 euro a famiglia e a comprarsi poi da soli quello che serviva?
Ci stava anche di risparmiare un bel po'...
Sui giornali qualcuno si lamenta che ha dovuto portare la carta igienica e il sapone.
Io lo avrei quasi preferito. Andare all'asilo dovendosi portare quei materiali è un po' come andare al ristorante e portarsi gli ingredienti base, lasciando al ristorante il compito di apparecchiare e cucinare. Non è meglio portarsi il piatto da casa e trovare tutto pronto?

Libertà di pensiero. Purchè breve.

420 caratteri. Questa è la lunghezza massima del pensiero secondo Mark Zuckerberg. Del resto il pensiero globale ormai lo si misura in Terabyte, e siccome lo storage è limitato (noi italiani ne sappiamo qualcosa) e siamo un bel po'  nel mondo, più di tanto non possiamo consentirne. Ed è bene quindi pensare breve. Sarà per questo che hanno messo la Gelmini alla pubblica istruzione? È anche interessante come su Facebook si rispecchi perfettamente lo stile contemporaneo secondo il quale uno fa una breve affermazione e tutti gli altri possono vomitare fiumi di parole senza limiti per commentarla, a dimostrazione che il pensiero deve essere limitato ma i rompicoglioni possono imperversare.
Jack Dorsey invece ti limita a 140 caratteri, meno di un SMS. Ma almeno ha il buon cuore di non scrivere "A cosa stai pensando?", esteriorizzando la domanda con un "What's happening?". E che vuoi che succeda? Fortunatamente non succede mai niente...
A parte piccole cose che stanno tranquillamente in 140 caratteri, come A Firenze rischia di chiudere la Biblioteca Nazionale.
 
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