giovedì 30 settembre 2010

Tre schiaffi al telematico buon senso

Lascia un po' esterefatti che la Francia abbia approvato definitivamente una norma di legge la cui discussione è iniziata tre anni fa. La famosa legge dei 3 schiaffi, prevede avvisi via mail e raccomandata a chi scarica illegalmente musica e film da internet (non è chiaro se anche il software) con, al terzo schiaffo, la sospensione da un mese ad un anno del servizio internet (pur continuandolo a pagare, tra l'altro). Lascia esterefatti soprattutto per la totale incompetenza in materia. Non solo l'identificazione precisa del presunto violatore non è sempre certa, ma la certezza che il file scaricato sia illegale è praticamente impossibile. Così come impossibile è che, una volta partita la legge, chi veramente è pirata non trovi sistemi per aggirarla, alcuni dei quali un poco più complessi (tipo VPN o comunque traffico criptato o mascheramento IP con utilizzo di anonimyzer), alcuni assolutamente banali come quello di usare per scaricare uno dei numerosi collegamenti wi-fi gratuiti e anonimi (mica siamo in Italia!!) che esistono in Francia. Chi sarà quindi preso nelle maglie della rete non sarà altro che un pesce molto molto piccolo, come il ragazzino che si scarica il brano da discoteca che mai e poi mai avrebbe comprato con la sua paghetta settimanale. E ad andarci di mezzo saranno i genitori.
Lascia esterefatti ancora di più che in tre anni di discussioni non si sia capito che internet è incontrollabile per definizione.
Ma adesso qualcuno non venga a dire "visto? la Francia è peggio di noi!". Beh, no... La verità è che noi una legge cosi' non ce le abbiamo non perché i nostri politici siano illuminati, ma perché non hanno idea di cosa sia internet, e tra case a Montecarlo, società off-shore, escort, compravendita di voti e litigi, litigi, litigi, ma dove lo trovano il tempo per impararlo? E cosi' da noi chi la fa l'antipirateria? La FiMi. Come se mi mettessi io a fare le multe ai motorini che mi parcheggiano sotto casa nei posti riservati alle auto. Magari.

mercoledì 29 settembre 2010

Ma sette pollici è meglio di dieci?


Oggi, grazie a Samsung, ho avuto modo di provare il Galaxy Tab. Non ho ovviamente ancora avuto modo di testarlo a sufficienza per poter darne un giudizio tecnico degno di nota, o per fare un raffronto con l'iPad, anche se volendo essere pragmatici alla fine scopriremo che alla prossima realease di hardware o di sistema operativo Galaxy e iPad saranno praticamente equivalenti. Se tralasciamo ovviamente l'integrazione nel mondo aziendale, per la quale temo entrambi abbiano ancora un po' da lavorare - sempre che a loro interessi davvero - e sulla quale potrebbero davvero distinguersi.
Vorrei pertanto qui concentrarmi sulla vera unica e incolmabile differenza, che esula peraltro da marca/modello, degli oggetti; su quello che era il mio dubbio principale: e cioè la dimensione dello schermo. Ma sette pollici sono davvero meglio di dieci? La riposta è scontata: dipende. Dipende dall'utilizzo che se ne pensa di fare, dipende da cosa ci si aspetta. Sette pollici sono sufficienti per leggerci un libro, non sono sufficienti a leggerci un giornale (devi per forza usare il pinch). Sette pollici vanno bene per portarsi l'oggetto nella giacca, non vanno bene per visualizzare (ed usare con una certa fluidità operativa) un desktop remoto. Insomma, i miei dubbi restano. Il settepollici è un oggetto ibrido suscettibile di diverse interpretazioni in dipendenza da lato da cui lo si guarda. E' un piccolo (e comodissimo) tablet o uno scomodo cellulare troppo grande? Consente, con un solo acquisto ed un solo oggetto da trasportare, di avere cellulare e tablet, oppure devi comunque avere con te sempre due oggetti? E se vale la prima, è abbastanza piccolo da risultare comodo in ogni occasione come lo è un cellulare? E se vale la seconda è abbastanza grande da consentire un utilizzo davvero diverso da quello di un cellulare touch?

Non so ancora rispondere, e in ogni caso la mia risposta sarebbe probabilmente diversa dalla vostra.
Posso solo dire che, a mio avviso , questo tipo di oggetti hanno la loro massima espressione sul divano di casa, in una stanza di albergo o in aereoporto, mentre non te li porteresti mai allo stadio o in palestra, a correre o in giro per negozi, dove invece non fai mai a meno di un cellulare, meglio se avanzato. Con questa premessa, quindi, mi chiedo se davvero serva a qualcosa risparmiare tre etti di peso (che in una valigia o zainetto non hanno alcun tipo di effetto e tantomeno sul divano di casa) penalizzando in modo secondo me significativo il display.

Ma non tutti sono daccordo. E lo dimostra il fatto che anche Blackberry se ne esce con un settepollici e la stessa Apple ha in cantiere un iPad nano (o iPod giga?).

Solo il mercato ci dirà chi ha visto più lontano.




What country: mafiosi e due-ruotisti

La Brambilla, intesa come ministro del Turismo, se l'è presa con una applicazione per iphone che si chiama What Country, che mostra foto di vari paesi, etichettandoli con dei tag che evidenetemente lo sviluppatore ritiene identificativi del paese in questione. Se l'è presa, la Brambilla, perchè a noi manco a dirlo ci hanno etichettato con la parola mafia, cosa che sinceramente da decenni non fa più notizia. Del resto non è che si sia fatto molto per toglierci di dosso l'epiteto di mafiosi, e molto poco si fa oggi, per cui non capisco tutto questo scandalizzarsi per un giochino da parte soprattutto di un esponente di questo governo. Mi preoccuperei, piuttosto, che insieme ai tag Pizza, Mafia e Pasta (la fantasia al potere) sia stato inserito un quarto e ultimo tag: Scooters
Lì per lì resti un attimo basito, poi ci pensi e ti chiedi: ma in verità, in quale altro paese del mondo occidentale si vedono tanti due-ruotisti come da noi? Sarà un caso che in città ben più grandi delle nostre (da Parigi a New York) praticamente non esistono mezzi a due ruote? Sarà davvero un caso che all'estero si sentano persino in diritto di associarci agli scooter così come ci associano alla pasta? Resta solo la domanda se, per il mondo, questo fatto che siamo un paese di due-ruotisti è positivo o negativo. A questa domanda non so rispondere in modo assoluto. Diciamo che finché non ci vengono a visitare, resta il beneficio del dubbio. Se vengono qui...

martedì 28 settembre 2010

Spot estremi

Guardatevi questo video, se non lo avete ancora visto. Della serie: non c'è limite alla fantasia, ma non c'è limite neppure alla sfacciataggine. Strano che Totti ancora non si sia fatto sentire, e si preoccupi invece di quella trota padre di Bossi. Altro che Bossi, qui la cosa si fa davvero dura! Giulio Cesare. Proprio lui, il romano più romano tra tutti i romani, con la sciarpa bianconera che tifa Juve? Onta, sacrilegio, infamia e disonore! Rosella Sensi appena l'ha visto, in una accorata lettera alla Federazione densa di arimortacci ha subito chiesto la squalifica del nuovo campo della Juve perché  Cesare fa il saluto romano!
A parte le facezie, diciamo che lo spot sarebbe anche simpatico, se non fosse che fa subito venire in mente due considerazioni semiserie (nello spirito del blog).
La prima è che sarebbe la prima volta che il calcio riesce a prendersi in giro senza conseguenze. La serietà nell'affrontare gli argomenti nel mondo del calcio è forse pari solo all'ammontare del denaro che vi circola. Il capo del Governo usa l'aereo di stato per portarsi a letto le escort? E chi se ne frega! Il fallo di Mexes era fuori area e forse non era neppure fallo? Interpellanza parlamentare! E Cesare può impunemente tifare Juve in uno spot, peraltro juventino, e nessuno si scandalizza? Nessuno protesta? Nessuno scrive un saggio sociologico? Non c'è un articolo di Baricco su Repubblica che dice "ve l'avevo detto"? Ancora non ci credo.
La seconda è una riflessione: che la Juventus fosse una squadra apolide lo si sapeva, ma questo spot porta questa sua condizione di squadra disancorata da ogni contestualizzazione socio-geografica ai massimi termini. Pensate a quale altra squadra italiana avrebbe mai potuto immaginarsi uno spot di questo tipo. Ce lo vedete Camillo Benso Conte di Cavour in giallorosso a cantare Grazie Roma in uno spot per la rivalutazione dello stadio Flaminio?  O la Fiorentina che per inaugurare la Cittadella Viola usa come testimonial Pietro Micca con cappello viola e giglio di Firenze sul petto che fa esplodere il Franchi?
Interessante è l'autoreferenziazione finale: noi siamo la storia. Ecco, bravi. La storia. Perché l'attualità certo porta altri colori.
Tremo tuttavia al pensiero che adesso Bossi possa fare il remake di questo spot usandolo come campagna elettorale,  mettendo Alberto da Giussano con la sciarpa verde che urla "Ceeeeel'hoooooo durooooo", Noi siamo la storia....

Sono Permalosi Questi Romani (e i Fiorentini mangiano fagioli)

Bossi è Bossi. Dovremmo conoscerlo, ormai. Raro che dalle sue labbra esca qualcosa di sostanziale, frequente che escano motti e lazzi sui quali, del resto, si fonda il programma della Lega. Quindi a me sinceramente stupiscono di più le intere pagine di giornale dedicate al Sono Porci Questi Romani, della frase in sé stessa. Frase, peraltro, che a me hanno insegnato alle elementari, nei primi anni 70. Se devo essere sincero quella che insegnarono a me (non le maestre, sia chiaro, ma la scuola è una forma di insegnamento di vita che proviene da tutti) recitava Sudici Porci Questi Romani. Se la diceva così Bossi, le pagine sui giornali erano due, prima compresa. Alemanno si inalbera, Napolitano si indigna; scende in campo persino Totti, e questa almeno è già una notizia, visto che ultimamente in campo scende poco. Diciamocelo: non saranno Porci, ma  Permalosi tanto Questi Romani!
Alle elementari, alle quali evidentemente già allora era presente il concetto di par condicio, insieme al significato ufficioso di SPQR ci insegnavano anche la storiellina Fiorentin mangia fagioli/lecca piatti e ramaioli/sotto terra 'un c'è quattrini/accident'a' Fiorentini. Non ricordo discese in campo, forse perché i fagioli in fondo li mangiavano anche gli angeli.
Insomma a volerne ce n'è per tutti, dai milanesi ai palermitani. Io, sinceramente, tra tutte le cose prive di senso che escono dalla bocca di Bossi, eviterei di preoccuparmi troppo di questa, e mi concentrerei invece su altre cose che, preoccupantemente, alle elementari non ci avevano insegnato e che rischiano, quelle sì, di farci diventare un po' tutti dei sudici porci.

lunedì 27 settembre 2010

Politici italiani che perepè qua qua, qua qua perepè

Capita solo a me non farcela più a leggere le prime quattro o cinque pagine dei quotidiani? Non riuscire a vedere un telegiornale, e non solo perché hai una bambina di tre anni per la quale sarebbe più educativo un film di Chuck Norris? Si, lo so che tutto in fondo è politica, ma non è un caso se di politico qua...qua qua perepè...

Più Kindle per tutti

Tanto per restare in tema di mala-scuola, ciarlando a mensa con i colleghi è riemerso l'annoso problema del peso dei libri scolastici. Pare che la figlia di uno di loro, al primo anno delle medie, abbia dovuto portarsi a scuola 11 kg. di libri semplicemente perché ancora non hanno fatto l'orario e pertanto non si sa che lezioni ci saranno quel giorno. Se io non so che lezioni ci saranno, non porto tutti i libri, non ne porto nessuno, ma al di là di questo aspetto è veramente anacronistico che nel 2010 ancora non si facciano libri a dispense, in modo da far mettere nello zaino solo la parte del libro che serve quel giorno. Che il problema sia annoso è dire poco, dal momento che esisteva anche quando andavo a scuola io, e ormai è passato un bel po' di tempo. Un bel po'. Poi sono arrivate le associazioni dei genitori, le interpellanze parlamentari, le promesse e tutto è magicamente rimasto uguale. Ma adesso le cose stanno per cambiare. Tra poco getteremo gli zaini alle ortiche. Adesso, signore e signori, c'è Kindle: è leggero, poco ingombrante, si legge come un foglio di carta e quindi non fa male agli occhi, si trova il testo in pochi secondi ed eventualmente puoi approfondire con internet; costa solo 135 euro (ma con la convenzione scolastica costerà molto molto meno, e visto che non saranno stampati anche i testi scolastici saranno a prezzo stracciato, con una convenienza complessiva per le famiglie molto elevata). Non è un oggetto ludico, come potrebbe essere un iPad, quindi non è neppure a rischio degenerazione d'uso. Tutti gli studenti a partire dalla scuola media ne saranno provvisti. Cioè, quasi tutti. Insomma, qualche classe sperimentale. Diciamo che è un progetto in fase di realizzazione. Ci stanno studiando. Sembra che per il 2071...

domenica 26 settembre 2010

Nelle grinfie della Gelmini

La scuola dell'infanzia di nostra figlia è statale. I genitori di una bambina che era in classe con lei e aveva fatto lo stesso nido l'hanno ritirata, avendo trovato posto in una scuola logisticamente più comoda per loro. Comunale. Non ha dovuto portare la spesa come noi, e il 7 di ottobre è già prevista la prima gita. Da noi hanno detto che per adesso i bidelli ci sono, ma non è detto che sarà così tutto l'anno. Un po' lo sapevamo, del resto questa è la scuola di pertinenza per la nostra zona, quella dove farà la primaria, e iscrivendola alla comunale più vicina non potevamo usufruire del punteggio, col rischio che restasse fuori. Lo sapevamo, ma temo che potremo essere costretti a cambiare le favole, cosicché nostra figlia non debba più avere paura del lupo, ma molta molta di più della Gelmini.


Mac No-Global Donald's Italia

Recentemente sono stato in un McDonald's. Ho visto che continuano a far pagare a parte le bustine monodose di ketchup e maionese, e la trovo una cosa ai limiti dell'assurdo. 40 centesimi; roba che dovresti portarteli da casa e farli casualmente rovesciare sul tavolo. Ecco dove siamo bravi noi italiani ad essere no-global: nei McDonald's del resto del mondo non solo ci sono i dispenser di ketchup e maionese sui tavoli, ma anche il re-fill delle bibite è spesso gratuito, mentre da noi la coca è diluita in ghiaccio e aria, e se la finisci la ripaghi.
Il nostro paese è strano, ma nonostante tutto non riesco ad immaginarmi gente che esce dai McDonald's con ghirbe di coca e litri di ketchup, o bustine monodose di maionese nelle mutande. O forse sono troppo ottimista?

sabato 25 settembre 2010

Due-ruotisti 2: la saga continua (ma a pedali)


Oggi ci occuperemo brevemente della specie più a rischio dei due-ruotisti cittadini: quelli a pedali. Tutti sanno che le nostre città, purtroppo, non sono assolutamente adatte e attrezzate per le due ruote a pedali. E lo sanno perfettamente anche coloro che le usano. Lo sanno perché non passa giorno che non ci sia qualcuno che si lamenti per come i comuni siano disorganizzati, le piste ciclabili poche eccetera eccetera. Lo sanno ma siccome andare in bici fa molto eco (che tradotto significa che le macchine non si parcheggiano, gli autobus sono troppo pochi e troppo cari,  i motorini costano troppo e a piedi ci vai te), la disorganizzazione, la mancanza delle piste ciclabili e il pericolo non li ferma. E fino a qui andrebbe anche bene, ogni specie ha diritto alla sopravvivenza (e mai vocabolo si adatta meglio alla situazione del soggetto in questione). Evidentemente però la frustrazione di essere considerato un elemento alieno nel traffico cittadino porta i due-ruotisti a pedali (che chiameremo brevemente 2RP) a bizzarri comportamenti, dei quali qui evidenziamo i principali.
  • Un 2RP predilige la strada, anche in presenza di pista ciclabile adiacente. In alternativa, talvolta, utilizza il marciapiedi.
  • Se possibile e se previsto da tragitto da compiere, il 2RP viaggia contromano, meglio se con il sole basso alle spalle cosicché risulti il più possibile invisibile agli automobilisti.
  • Se il tragitto contromano non risultasse in un dato momento possibile, il 2RP si dirige con relativa sveltezza sul marciapiedi, incollando al muro i pedoni, per poi tornarsene in strada appena l'ostacolo si è tolto di mezzo.
  • Il 2RP adora mettersi in prima fila ai semafori. Al momento del verde la partenza deve risultare il più possibile sbandata, in modo da creare il panico negli automobilisti. 
  • Il 2RP a volte decide di utilizzare la pista ciclabile. Questo accade solitamente quando essa è ricavata tirando una riga sul marciapiedi e preferibilmente in prossimità dei punti in cui essa termina, cosicché il giorno dopo possa scrivere ai giornali scandalizzato. In questi casi si terrà regolarmente il più vicino possibile alla linea di divisione, suonando disperatamente il campanello per far scansare i pedoni, ancora una volta incollati al muro.
  • Il 2RP parcheggia sul marciapiede, se possibile di fronte alle finestre dei seminterrati, le cui sbarre in effetti sono lì disposte appositamente dal comune per allacciare i lucchetti. Se il marciapiedi è stretto, ovviamente meglio. Se è largo il 2RP potrebbe anche decidere di parcheggiare tra auto e auto.
  • Il 2RP regolarmente non si ferma alle strisce pedonali, nessuno è ancora riuscito a capire se è perché esse sono dal 2RP di solito utilizzate per attraversare le strade e pertanto considerate sua proprietà, oppure semplicemente perché i freni non funzionano. La maggiore affidabilità della seconda ipotesi sembra emergere dal tipico comportamento del 2RP di evitare eventuali ostacoli gettandosi verso il centro della carreggiata senza verificare chi ha dietro e senza rallentare.
  • Il 2RP non usa il casco. Se il 2RP transita su pista ciclabile con un bambino nel seggiolino, anche il bambino è senza casco. Dello specchietto retrovisore nessuna traccia.
  • Quando il 2RP esce dal centro abitato si trasforma in una specie di Pantani. Se ne trovi uno in salita, essendo solo una specie di, lo vedi sbandare ansimando e invadendo la carreggiata opposta. Quando riesci a superarlo ti guarda con la faccia stravolta e lo sguardo interrogativo per dire "Cosa ci fa qui questa macchina? Come mai non hanno chiuso la strada?"


venerdì 24 settembre 2010

Raccolta differenziata: ego te absolvo in nomine Terrae


Forse non sono un animo puro. Forse non ho a cuore le sorti del pianeta. Forse. O forse più semplicemente sono troppo pragmatico. In ogni caso proprio non ce la faccio a convincermi della utilità della raccolta differenziata. O, per meglio dire, della convenienza complessiva di tutto il processo.


Un paio di settimane fa ero in Versilia. Scopro che dove mi trovo hanno un sistema di raccolta differenziata meraviglioso. Tanto meraviglioso da rasentare l'assurdo. Ad ogni famiglia vengono consegnati 7 (sette!!) tipologie di sacchetto/contenitore diversi, per le seguenti tipologie di rifiuti: organico, carta/cartone/tetrapack, verde, plastica/lattine, vetro, indifferenziato, olii. Primo problema: trovare un posto in casa per tutti e sette i contenitori. Supponiamo che, con una operazione di ampliamento irregolare della cubatura abitativa e in attesa di un condono ci si riesca. Ecco il secondo problema, e certamente più critico: ma dentro cosa ci metto? A prima vista sembra facile. C'è scritto carta/cartone? Ci metto carta e cartone. No. O meglio, si, ma attento che nella carta non ci siano residui di colla (quanti residui?), che il cartone della pizza non sia troppo unto (quanto troppo?), che la carta non sia uno scontrino e che non siano bicchieri o fazzoletti (pare che non valga neppure prendere un bicchiere di carta e smaterializzarlo in rettangolo di carta-cerchio di carta). Intanto una prima cosa l'ho capita: devo fare un bello spazio grande per i rifiuti indifferenziati. Passiamo alla plastica/lattine: siccome pensavo fosse facile la carta, mi preoccupo un po' per la plastica, e faccio bene perché innanzitutto devo chiedermi: ma questa plastica che ho in mano è omogenea o eterogenea? Wikipedia forse mi aiuterebbe, ma preferisco attenermi agli esempi forniti, forse più facili da capire. Forse. In effetti no. E' un dramma: piatti bicchieri e posate in plastica non se ne parla nemmeno, bottiglie si ma se non sono giocattoli (?), contenitori sì, ma non di CD. Ci sono in tutto 40 categorie di esempio (20 sì, 20 no), con una annotazione in fondo inquietante: se i contenitori sono molto sporchi (quanto sporchi?) o presentano troppo residuo di materiale (quanto è troppo?) vanno messi nel sacco della indifferenziata. Che, mannaggia, ho fatto ancora troppo piccolo. I contenitori in alluminio devo stare attento che non siano etichettati T o F (ci si ricorda bene: sta per Ti Fotto se mi metti nel sacchetto sbagliato). Sono già un po' stanco ma sono certo di rifarmi facilmente con il vetro. Vetro è vetro, lo sanno tutti! Leggo e scopro che non si tratta di vetro-vetro se è: uno specchio, una finestra, un piatto (di vetro suppongo perché se era di ceramica lo sapevo da solo), una tazzina da caffè (ma se è per il tè o il latte va bene), una lampadina. Ho capito che devo cambiare la tipologia del contenitore per l'indifferenziata, visto che ci butterò anche il vetro. Sono sfiduciato, lo ammetto, quando passo all'organico. Invece questo sembra facile. Mi elencano venti cose che non ci posso mettere nessuna delle quali è organica (quindi potevi risparmiarmelo). Alla ventunesima però rabbrividisco: non posso mettere nell'organico la spazzatura. Temo di essermi dimenticato gli studi classici, pertanto prendo un vocabolario e leggo: spazzatura, s.f. l'immondizia spazzata. Appunto. Mi sembrava. Quindi se spazzo in cucina, anche se quello che spazzo sono pasta o bucce di mele, tutto nell'indifferenziato. Forse potrei chiedere se l'uso delle pinzette per raccogliere eventuale bucce di patata cadute per terra è consentito. Sono molto stanco adesso, e evito di occuparmi del verde. Anche perché trasportare questo immenso sacco di indifferenziato è una fatica. E devo anche riportarlo indietro perché ho scoperto che esiste un calendario: l'organico me lo prendono il lunedì, il giovedì e il sabato; la carta il mercoledì; la plastica il martedì e il sabato; il vetro il giovedì; il verde il martedì e il venerdì; l'indifferenziato il lunedì e il venerdì. Temo che dovrò assumere qualcuno per riuscire ad avere una vita personale e stare dietro a questi "obblighi di legge". E c'è una cosa che mi terrorizza: ma se per caso uno, meno preparato, meno attento, meno eco di me, sbaglia o fa il furbo e butta, che ne so, un bicchiere di plastica nella plastica...ma che succede? Un giorno a lavoro ho trovato un cartello sul cestino. Diceva: Attenzione, anche un solo bicchiere di plastica vanifica tutta la raccolta. E' stato tolto. Era un chiaro, ennesimo, definitivo incentivo alla indifferenziazione.


Ma ce ne sono di più, e più seri, di quelli che abbiamo visto fino ad adesso. Per esempio basterebbe chiedersi quanto costa tutto questo. Quando ero in Versilia era un viavai continuo di mezzi a ritirare le varie tipologie di materiali durante il giorno (stavo vicino a degli esercizi commerciali e loro hanno un calendario ovviamente più denso), mentre con l'indiiferenziato passi una volta al giorno e via: meno costi, meno inquinamento (anche acustico, se avete vicino un raccoglitore del vetro). Poi potremmo chiederci cosa ne fanno di quello che noi differenziamo. Leggo in giro e scopro che nella maggior parte dei casi, carta e plastica vengono bruciate, come tutti gli altri rifiuti organici e non. Vengono bruciate perché il costo delle operazioni di riciclo e trasformazione eccede il prezzo di acquisto del prodotto nuovo, con rarissime eccezioni. L'unica cosa veramente riciclata è il vetro. E pensare che basterebbe fare come si faceva una volta e come continuano a fare in Svizzera, e cioè far pagare i vuoti e mettere ai supermercati macchinari di ritiro degli stessi. Quando anche carta e plastica vengono riciclate, i costi dei macchinari sono tali per cui è necessaria una sovvenzione statale o comunale, il che tradotto significa che paghiamo noi. Ma non sarebbe meglio usare quei soldi per fare inceneritori sicuri? 


Ma ormai credo di avere le idee abbastanza chiare: se ricicli sei un bravo ragazzo che espii in qualche modo la tua compulsiva necessità di acquistare e consumare. Insomma la raccolta differenziata come confessione e penitenza: ego te absolvo in nomine Terrae.

giovedì 23 settembre 2010

Provincialismo b&w


Mi ero ripromesso di scrivere il meno possibile su Fiorentina o Juventus, ma stasera vedendo la partita della Juve contro il Palermo non posso tacere che sono rimasto abbastanza colpito dal sentire il pubblico bianconero, da pochi minuti sotto di due gol in casa, cantare "finché vivrò odierò la Fiorentina...". Caspita. C'è qualcuno più provinciale di noi, che almeno ci teniamo lo juvemerda per momenti meno delicati.

Bridget Jones cube

Pur consapevole della probabilmente insormontabile incapacità del maschio di capire fino in fondo la psicologia femminile, trovo qualche difficoltà a credere alla notizia apparsa oggi su Repubblica secondo la quale stia avendo discreto successo un sito (www.pinkkisses.com) che si occupa, dietro compenso, di fornire servizi a favore delle donne (e solo donne) che sono state lasciate. Il sito, va detto, esiste, ma la mia difficoltà sta nel credere che davvero ci sia qualcuna che lo utilizzi. Ora passi per servizi evoluti di tipo psicologico o di sostegno. Ma possibile che esista, seppur tra le americane, un numero di donne sufficientemente alto disposto a pagare per vedersi recapitare per un mese a casa fiori e cioccolatini marcati "Better than sex" ed avere due settimane di invio di SMS motivazionali? Cosa cambia dall'uscire per andarseli a comprare i cioccolatini o i fiori, scrivendosi da sola un bel biglietto di complimenti? E questo non è enormemente più deprimente che aspettare che qualcuno (chiunque esso sia) te li regali davvero? Roba che nemmeno Bridget Jones al cubo...
Stavo comunque pensando ad un sito analogo rivolto ai maschietti. Vediamo. Come servizio base potremmo pensare all'invio giornaliero di ogni tipo di depliant di gadget tecnologici dalle varie funzioni, con tanto di indirizzi internet di approfondimento, accompagnati da birra gelata. Il premium invece potrebbe prevedere, in aggiunta, inviti ad eventi sportivi di vario genere o la fruizione degli stessi da remoto in mutande e rutto libero.
Dite che il mio sito è troppo stereotipale?
E l'altro come lo definireste? Diffamatorio va bene? 

mercoledì 22 settembre 2010

Galliani: anticipata di due anni la fine del mondo

E così anche quest'anno il nullocrinito vice-presidente amministratore delegato (g.f., Zi Festr) della Associazione Calcio Milan sta cercando in tutti i modi di cambiare il calendario del campionato di serie A alla vigilia di Natale.
Noto per la sua profonda fede nonché per le indiscusse capacità di meteorologo, come testimonia il premio "Edmondo Bernacca" ricevuto pochi mesi fa, Adriano Galliani ha stabilito oggi (non è chiaro a quale titolo) l'impossibilità assoluta di giocare il campionato di calcio di serie A il 22 di dicembre, per due motivi fondamentali: il primo, ovviamente, è non turbare il raccoglimento dell'antivigilia alle famiglie italiane, che resterebbero certamente sconvolte in quel periodo dal vedere al ralenti i labiali dei giocatori in campo; il secondo è la certezza di violente precipitazioni nevose in tutta la penisola con il crollo delle temperature proprio il 22 dicembre 2010. Voci non confermate, in realtà, parlano del ritrovamento, avvenuto ieri proprio da parte di Galliani, di scritti Maya che anticiperebbero di due anni esatti la fine del mondo. Ma la notizia, per adesso, e per ovvi motivi, resta secretata.
La verità, ovviamente, è un'altra, e non fa neppure più notizia essendo la stessa dello scorso campionato (ricordate di quella partita pre-natalizia rinviata a Firenze per ghiaccio sugli spalti, non, come da regolamento, al giorno successivo, ma a data da destinarsi?). La verità è che l'AC Milan ha già promesso ai suoi campioni brasiliani (Ronaldinho, Robinho, Patinho...) le ferie. E' Galliani poveretto non può convincerli a restare...non avessero a scioperare...

Al ristorante con la spesa

Ecco cosa ha dovuto portare in dote mia figlia all'asilo:
n.1 scatola di pennarelli (marca TURBO MAXI GIOTTO) 
n.4 cartoncini tipo bristol (giallo-blu-celeste-rosa) 
n.1 risma di carta bianca 
n.2 colla stick (marca PRITT) 
n.1 rotolone 
La spesa totale è abbondantemente sotto i 20 euro. Ora mi domando: ma dal momento che le due cose più care (pennarelli e colla) che coprono la metà della spesa totale, devono essere di una marca specifica, e quindi non sono soggette a scelta eventuale di risparmio da parte delle famiglie, ma non facevano prima e meglio, se proprio i soldi non ce li avevano, a chiedere 20 euro a famiglia e a comprarsi poi da soli quello che serviva?
Ci stava anche di risparmiare un bel po'...
Sui giornali qualcuno si lamenta che ha dovuto portare la carta igienica e il sapone.
Io lo avrei quasi preferito. Andare all'asilo dovendosi portare quei materiali è un po' come andare al ristorante e portarsi gli ingredienti base, lasciando al ristorante il compito di apparecchiare e cucinare. Non è meglio portarsi il piatto da casa e trovare tutto pronto?

Libertà di pensiero. Purchè breve.

420 caratteri. Questa è la lunghezza massima del pensiero secondo Mark Zuckerberg. Del resto il pensiero globale ormai lo si misura in Terabyte, e siccome lo storage è limitato (noi italiani ne sappiamo qualcosa) e siamo un bel po'  nel mondo, più di tanto non possiamo consentirne. Ed è bene quindi pensare breve. Sarà per questo che hanno messo la Gelmini alla pubblica istruzione? È anche interessante come su Facebook si rispecchi perfettamente lo stile contemporaneo secondo il quale uno fa una breve affermazione e tutti gli altri possono vomitare fiumi di parole senza limiti per commentarla, a dimostrazione che il pensiero deve essere limitato ma i rompicoglioni possono imperversare.
Jack Dorsey invece ti limita a 140 caratteri, meno di un SMS. Ma almeno ha il buon cuore di non scrivere "A cosa stai pensando?", esteriorizzando la domanda con un "What's happening?". E che vuoi che succeda? Fortunatamente non succede mai niente...
A parte piccole cose che stanno tranquillamente in 140 caratteri, come A Firenze rischia di chiudere la Biblioteca Nazionale.

martedì 21 settembre 2010

Mamme Tafazzi?

La comunità internet "Quimamme" se ne è uscita oggi con una mail nella quale invita tutte le mamme a partecipare alla iniziativa "Sì Kid". Questa nasce a fronte della pubblicazione del libro della francese Corinne Maier, madre di due bambini, che ha trovato il modo di tirare su qualche spicciolo pubblicando "No Kid - 40 ragioni per non avere figli". Non si sa se in preda allo sconcerto scandalizzato o semplicemente per trovare un modo di farsi conoscere, questa comunità mammesca ha lanciato questa iniziativa, con la seguente frase testuale:
Troviamo, insieme a voi, almeno altrettante 40 ragioni per diventare genitori! Aiutateci a scoprirle!
Ora, da padre di una bambina di tre anni, non vorrei sembrare blasfemo. Però mi chiedo: supponiamo che siate indecisi se avere figli o no; se una mamma di due bambini elenca da sola 40 ragioni per non avere figli, e Quimamme deve chiedere aiuto a tutte le mamme in ascolto per scoprire 40 ragioni per farli...pensateci bene: ma voi fareste figli o no?

lunedì 20 settembre 2010

Due-ruotisti

L'incrocio è trafficato, il semaforo verde per me. Sulla destra arriva un motorino. Sopra c'è un ragazzone sulla trentina, tuta da (metal)meccanico, senza casco. Vedo che, nonostante il rosso e nonostante io stia arrivando, non accenna a fermarsi. Al che rallento un po' perché mi veda, ma proseguo. Lui mi guarda, vede che rallento e decide di passare col rosso. Lento. Troppo lento. Al che io suono per fargli capire che sto arrivando io e ho il verde. Rallento ancora. Quello mi guarda e alla fine decide di fermarsi, quasi nel mezzo della mia carreggiata. Lo scanso. Mi manda a quel paese, evidentemente perché non mi sono fermato. Davanti ho altre macchine, così lui, passato finalmente col rosso, mi supera sulla sinistra invadendo l'altra carreggiata, prosegue fino al successivo incrocio dove non c'è semaforo e senza minimamente rallentare svolta a sinistra, sorpassando la macchina che davanti a me stava anche lei svoltando a sinistra ma si era fermata perché un'altra auto in senso opposto stava svoltando a destra. Cosa che ha fatto dopo aver inchiodato per evitare il motorino.
Dov'è la notizia?
Appunto. La notizia è che questa non è una notizia perché, almeno a Firenze, questo tipo di comportamento dei due-ruotisti è perfettamente normale. Tranne, forse, per la mancanza del casco, che in effetti tutti portano regolarmente. 
E' così normale, per i due-ruotisti superare la riga di mezzeria che sui viali hanno dovuto mettere degli inguardabili jersey con tanto di lucette lampeggianti. E' normale andare contromano, zigzagare tra le auto in coda - ma non con il ciao, con quei catamarani che vendono oggi, larghi poco meno di una 500 -, sorpassarti mentre giri a sinistra, per non parlare poi dei parcheggi nei posti per le auto e sui marciapiedi.
L'altro giorno uno, regolarmente munito di casco, è salito sul marciapiede per prelevare i soldi al bancomat. Si, avete capito bene: ha prelevato dal bancomat seduto sul motorino. Acceso ovviamente.
Una follia, potrebbe pensare qualcuno che abita in un paese mediamente civile. Forse.
Quel che è certo è che la vera follia è la totale impunità in cui vivono questi due-ruotisti. Infrazioni continue, multe rarissime.
Propongo, però, invece delle multe, la dotazione obbligatoria di un visore che riporti l'immagine di sé stessi visti dall'alto, mentre percorrono le strade fiorentine dense di buche e scivolose, ignorando ogni elementare regola della strada. Forse se si vedessero da fuori capirebbero. E forse ne incontreremmo meno sdraiati sull'asfalto.

Bastardo senza gloria

Perché un camionista che con il rimorchio, qualche giorno fa, in una curva urta una macchina in parcheggio, si porta avanti, si ferma, scende dal camion, guarda cosa ha fatto e poi, accorgendosi di aver fatto un danno da duemila euro, risale sul suo camion e se ne va senza lasciare un biglietto?
Perché questo simpaticissimo (come una colica renale) essere umano ha fatto questa cosa, visto da testimoni che non sono stati in grado di prendere la targa, con una leggera aggravante e cioè che la macchina parcheggiata era la mia?
Ci sono varie ipotesi, tutte più o meno attendibili.

1. È un bastardo. E basta.
2. È un bastardo ubriaco. Scende ma non si regge in piedi e non sarà mai in grado di scrivere i suoi dati e quindi rinuncia.
3. È un bastardo miope e sordo. Scende, guarda, ma nel buio rischiarato dai lampioni la mia macchina nera sembra perfettamente integra. "E quel rumore di ferraglia?" "Cosa?" "No, dico, quel rumore... ?!" "Eehhh?"
4. È un bastardo non assicurato stupido. Madonna che danno! E adesso? (Ma sei stupido? Cosa scendi a fare, coglione, che ti prendono la targa?)
5. È un bastardo amnesico. Scende, vede il danno, prende lui la mia targa per rintracciarmi, ma la mattina dopo trova il foglietto e prova i caratteri come password su tutti i suoi siti protetti. Invano.

Ma la verità è che, sebbene egli sia, indipendentemente dalle ipotesi, un bastardo, il vero "bastardo primario" sono le assicurazioni, che con i loro contratti capestro incentivano questo comportamento asociale e incivile. Bonus-malus, franchige, cavilli, burocrazia. Tutto allo scopo di imbastardire un già di per sé nativamente bastardo popolo, che mediamente non conosce la parola civiltà.

domenica 19 settembre 2010

iPad spaziale


Lo ammetto. Quando Steve Jobs annunciò al mondo che avrebbe prodotto uno strano oggetto che era troppo grande per essere un iPod e troppo iPod per essere un netbook, il mio scetticismo era forte. Insomma, va bene che il capitano Kirk della Enterprise lo usava regolarmente, ma un'astronave con tanto di equipaggio era un accessorio un po' costoso. L'iPad era un oggetto spaziale non identificato. E, diciamocelo, di cui proprio non se ne sentiva la mancanza. Quando poi è uscito ho pensato che era bello, sì. Bello ma senza neppure una porta USB. Ma come si fà?
Poi diciamo che mi è capitato tra le mani, l'ho usato qualche giorno, poi l'ho lasciato, poi l'ho ripreso e ho iniziato ad usarlo con maggior consapevolezza fino a che...
Sembra assurdo che io sia riuscito, quando avevo 20 anni, ad uscire, vedere gente, fissare appuntamenti, viaggiare, perdermi e poi ritrovarmi senza avere a disposizione un telefono cellulare.
Sembra assurdo anche che io mi chieda, come possa, oggi, fare a meno di questo oggetto spaziale che si chiama iPad, dal quale ho scritto e postato queste righe.




Nick Fregatura

EnataunastardiNickHornby.jpg 
Confesso che quando ho finito, dopo una manciata di minuti, il libercolo di Nick Hornby "E' nata una star", quello, per capirci, che parla della madre che scopre da una videocassetta datale da una sua amica che il figlio fa l'attore di film porno, mi sono domandato se fossi stato preso in giro. Anzi per la verità ne ero abbastanza certo. Del resto è colpa mia se ho sborsato 10 euro per 64 pagine scritte anche a caratteri semi-cubitali. Però, chissà con quale strano meccanismo mentale, mi ero immaginato 64 pagine "intense". Mentre leggevo, invece, tutto era sì piacevolmente leggero ed ironico, ma anche superficialmente banale.
Oggi, girovagando per internet, scopro che esiste un progetto nella collana britannica Open Door, nel quale scrittori famosi scrivono opere "facili" per un pubblico poco istruito e poco avvezzo alla lettura, allo scopo di portarlo ad apprezzare i libri. E, guarda caso, nel 2005 Nick Hornby scrive "E' nata una star" proprio per questa collana. Proprio per questo progetto.
Ovviamente nel libro italiano non si fa la minima menzione a tutto questo. Il che porta a due effetti deleteri: il primo è che chi è abituato a leggere, butta via 10 euro. Il secondo è che chi doveva essere avvicinato alla lettura, non sapendo che quel libro è dedicato a lui, lo ignora e si getta sereno tra le braccia di Moccia (la cui destinazione culturale è scritta direttamente sulla copertina, nel nome dell'autore).

L'ora di religione, ovvero lasciate che i pargoli non vengano a me



Abbiamo iscritto nostra figlia al primo anno della scuola dell'Infanzia, e, nella profonda convinzione che il catechismo a tre anni sia quantomeno discutibile, abbiamo stabilito che durante le due ore settimanali  previste dal concordato, lei facesse attività alternative, nella certezza che sarebbe stata in buona compagnia.
All'inizio di settembre scopriamo, con sorpresa, ma anche con un certo sconforto, che 23 bambini su 26 (o, meglio, i lori genitori) avevano aderito all'IRC, e solo 3 avevano richiesto attività alternative. Un numero troppo esiguo per consentire lo svolgimento di attività di rilievo, temiamo. E poi come la prenderà nostra figlia di essere improvvisamente esclusa dal gruppo insieme (se ci sono) ad altri soli due bambini? Veniamo a sapere che non si tratta di catechismo ma - ci assicurano - di trasmissione di valori universali e racconto di storielle tratte dalla Bibbia, e con in testa una immagine nella quale nostra figlia se ne sta nel corridoio della scuola, forse anche sola, a finire un inutile disegno mentre tutti i compagni cantano una canzone sull'arca di Noè, decidiamo di scrivere alla scuola perché inserisca anche nostra figlia nell'IRC. Siamo in Italia, quindi nessuno oserà negarci una cosa del genere.
Giusto. Siamo in Italia, per cui certo che te la negano una cosa del genere! Motivazione, ovviamente, puramente burocratica: scadenza dei termini di presentazione. Decisione formalmente ineccepibile.
Mi chiedo quanto peso abbia avuto, in questa decisione della scuola, il benessere di nostra figlia. Mi viene da pensare (e a pensar male a volte ci si azzecca) che sia solo un nome e un cognome su un tabulato difficile da correggere. Magari domani scopriremo che ce l'hanno salvata dalla grinfie di una insegnante fondamentalista. Ma oggi il nostro primo impatto con la scuola pubblica è decisamente preoccupante. E temo che questo sia niente rispetto a quello che ci aspetta.

sabato 18 settembre 2010

Dopo 'fochi


"T'arrivi dopo 'fochi", si dice a Firenze quando uno arriva sempre dopo che la cosa importante (i fochi di San Giovanni, che terminano i festeggiamenti del 24 gugno) è già avvenuta. Anche qui s'arriva dopo i fochi, con giudizi e considerazioni più o - spesso - meno seri sull'avvenuto. Grazie a Michele per l'idea del nome, che lui voleva in realtà usare per la "sua" band...

 
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